Rivoluzionare l’idea della medicina e della cura, e stimolare una riflessione che porti i decisori politici ad imprimere un cambiamento nell’impostazione della sanità del futuro che dovrà essere centrata sulla persona, finalizzata a curare il malato e non solo la malattia.
È in estrema sintesi, l’obiettivo di “Dignitas curae. Manifesto per la sanità del futuro”, che verrà presentato ufficialmente il prossimo 25 gennaio a Roma, alla Camera dei deputati. Ad illustrare il documento è mons. Mauro Cozzoli, già docente di teologia morale all’Università Lateranense e oggi consultore del Dicastero per la dottrina della fede. Un testo scritto a quattro mani dal teologo e dal prof. Massimo Massetti, responsabile Area cardiovascolare e cardiochirurgica del Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, con il quale da una decina d’anni Cozzoli condivide l’impegno di una medicina solidale a favore dei più poveri, avviata attraverso le “Domeniche del cuore” dall’allora Onlus “Dona la vita con il cuore” guidata da Massetti, divenuta oggi Fondazione Dignitas curae.
In questi anni, spiega Cozzoli, si è sviluppata una riflessione mirante alla ri-umanizzazione delle cure: “Da tempo si avvertiva il bisogno di nuovi paradigmi incentrati sulla persona del paziente”. Di qui “l’idea di un manifesto che raccogliesse queste istanze proponendo delle soluzioni”. Il documento - inviato in corso d’opera a professionisti del mondo medico, del giornalismo e della bioetica per averne il contributo - ha conosciuto sei redazioni prima di arrivare alla stesura definitiva, presentata in anteprima da Cozzoli e Massetti a Papa Francesco che lo ha sottoscritto per primo. Successivamente, prosegue Cozzoli, “abbiamo coinvolto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo firmatario. Poi il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il ministro della Salute Orazio Schillaci, il presidente del Comitato nazionale di bioetica Angelo Vescovi, ed Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri. Con Schillaci abbiamo deciso di presentare ufficialmente il Manifesto il prossimo 25 gennaio alla Camera dei deputati, con l’auspicio che non rimanga una mera dichiarazione di principi, ma che sviluppi delle mediazioni per un cambiamento della cultura della cura”.
Il progresso della ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica in campo biomedico hanno portato a traguardi considerevoli in termini di guarigione, qualità e aspettative di vita, mentre i sistemi sanitari sono evoluti, sotto la spinta dell’efficientamento economico, “verso un’organizzazione centrata sull’ospedale e non sul paziente, che si trova a vivere un percorso di cura frammentato e senza riferimenti chiari”, si legge nel Manifesto. Una situazione resa ancora più critica dal fragile equilibrio tra qualità e sostenibilità delle cure. Di qui, spiega Cozzoli, l’importanza di “coniugare medical technologies con medical humanities per una medicina che ponga la persona al centro dei percorsi di cura”.
La persona in tutte le sue componenti: fisica, emotiva, spirituale, sociale e relazionale, perché una medicina empatica valorizza le relazioni medico-paziente, anch’esse tempo di cura.
Nel Manifesto vengono indicati alcuni principi di riferimento. Anzitutto la “dignitas personae”. “Ogni malato, in quanto persona, merita riconoscimento e rispetto e quindi le cure a lui dovute. Non esistono malati ‘diversi’ per età, sesso, appartenenza, ceto sociale, credo religioso, grado di cultura, infermità, regime di cura (privato o pubblico). Tutti, senza alcuna distinzione, hanno parità di accesso alle cure in rapporto ad uguali bisogni”. Pari dignità anche degli operatori e delle strutture di cura.
“Al malato - si legge ancora nel Manifesto - dev’essere garantito il rispetto dell’autonomia decisionale, tenuto conto delle effettive capacità di metterla in atto e fatte salve legittime esigenze di bene comune”.
Secondo il documento, una sanità realmente incentrata sulla persona comporta, fra l’altro, “il concorso organico di tutti gli attori” nell’attivare una medicina personalizzata, calibrata sulle caratteristiche individuali dei pazienti; nell’impostare il percorso di cura sul paziente; nel promuovere percorsi diagnostici e terapeutici multidisciplinari e condivisi; “nell’assicurare, nell’iter curativo, un continuum tra diagnosi, terapia e riabilitazione”. Il Manifesto invita inoltre a considerare tempo di cura anche il supporto psicologico e spirituale, ad aprire alla collaborazione della famiglia, ad anteporre nelle programmazioni politico-amministrative il dovere di tutela della salute dei cittadini, a mirare alla collaborazione, nei rispettivi ambiti di competenze, tra i livelli di governo della sanità: Stato, Regioni, Aziende e Comuni, per assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi su tutto il territorio nazionale e livelli di prestazioni sanitarie appropriate per tutti i cittadini.
Importante, infine, integrare l’assistenza sanitaria con quella sociale potenziando il welfare socio-sanitario, in particolare per le persone più fragili, e incentivare una medicina solidale a supporto delle povertà sanitarie, “a cominciare dai detentori di brevetti e privative mediche, consapevoli che le invenzioni e acquisizioni sanitarie, fatti salvi i giusti diritti di ricerca e produzione, devono diventare opportunità per tutti”.