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Al raggiungimento delle 500mila firme per il referendum sul "diritto di morire" annunciato dai radicali una levata di scudi giunge da tante associazioni cattoliche impegnate sulla vita umana. Come anche al mondo cattolico non è piaciuta la recente presa di posizione del ministro della salute: "le sue pressioni sulle Asl sono inaccettabili".

 

 

 

Si tratta di “una deriva eutanasica figlia di una deriva individualistica libertaria - ha dichiarato ad Avvenire Alfredo Mantovano, vice presidente del Centro studi Livatino”. Secondo il magistrato “non ci si può illudere di fermarla con qualche dichiarazione di sdegno: c’è bisogno di un coraggioso e non episodico impegno culturale e di vita vissuta”.

Sotto accusa “l’inerzia di Camera e Senato - nella prima è anzi in discussione una legge pro eutanasia -, dai cui banchi si sono levate rare voci per alleviare la sofferenza, per esempio dando attuazione alla legge sulle cure palliative, invece che sopprimere chi patisce”.

Mantovano ricorda al giornale dei vescovi italiani che «l'accelerazione sull'eutanasia parte tre anni fa, quando la Corte costituzionale intervenendo la prima volta nel cosiddetto caso Cappato indicò al Parlamento la strada per riformare l'articolo 580 del Codice penale sull'aiuto al suicidio. Poi è venuta la sentenza della stessa Consulta, nel 2019, che ha riscritto quella norma dettando le condizioni per non punire l'uccisione di chi lo chiede, fino a giungere a qualche giorno fa, con l'annuncio del ministro della Salute Roberto Speranza» che ha già reso noto di voler rendere quella sentenza “più estesamente operativa con una circolare alle Asl”.

"Lo scorso anno - aggiunge il vicepresidente del ‘Livatino’ in un altro intervento su Il Giornale sottolineando l’ennesima iniziativa agostana del ministro della salute - un atto proveniente dal suo ministero autorizzò la vendita della pillola del giorno dopo alle minorenni senza ricetta del medico. Quest'anno siamo saliti di livello perché siamo all'esortazione alle Asl di prestare assistenza per il suicidio assistito".

Circa le questioni puramente giuridiche Mantovano sottolinea che "Il riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale riguarda una decisione che stabilisce delle cause di non punibilità per il reato di istigazione di aiuto al suicidio. Stiamo parlando di codice penale e, quindi, se non c'è una norma di legge che limita la portata di un'altra norma di legge, certamente non può decidere una Asl, sia pure sollecitata dal ministro".

Infine, conclude l'ex parlamentare, la Corte Costituzionale "ha ritenuto non punibile l'aiuto al suicidio in presenza delle quattro condizioni ricordate dal ministro nella sua lettera, ma ha sottoposto tutto questo alla condizione che siano state praticate delle cure palliative. Nella lettera del ministro, invece, non c'è alcun riferimento a questo aspetto".

 

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