Il burattino di Mastro Geppetto, uscito dalla penna di Carlo Collodi, compie 140 anni e continua ad ammaliare i bambini (ed anche gli adulti) di ogni paese del mondo.
Per celebrare il libro più tradotto del mondo (dopo la Bibbia), in 260 versioni, si stanno organizzando a Firenze grandi iniziative, compresa la riedizione del Giannettino, il primo libro per ragazzi di Collodi, scritto per ribaltare il senso del Giannetto, il testo di istruzione più diffuso dell’Ottocento.
Il successo del Giannettino inaugurò il fortunato filone di innovative opere didattiche che ebbero come protagonisti i bambini e che videro, nel 1883, la pubblicazione de Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino.
Si trattava della revisione “compiuta in modo affrettato e con una certa trascurataggine dall’autore”, come si legge in un documento inedito dell’Editore, del racconto pubblicato nel 1881 a puntate sul settimanale “Giornale per i bambini”.
Questa affermazione ci fa comprendere come Collodi non si aspettasse molto dalla sua invenzione, tanto che la sua diffusione fu molto lenta.
Solo dopo tre anni dalla prima edizione (tremila copie) uscì la seconda, forse anche per fronteggiare la concorrenza di Cuore di Edmondo De Amicis, lanciato con un’ampia campagna pubblicitaria e tenendo presente che, a quell’epoca, leggeva meno del 40 per cento degli Italiani.
Nell’archivio dell’Editore Bemporad di Firenze, si conservano bozzetti e tavole degli illustratori che si sono succeduti con il compito di dare forme e colori a Pinocchio.
Si era compreso infatti quanto la parte iconica dovesse evolversi con l’evoluzione sociale e di gusto del Paese. Oggi, l’Editore Giunti stampa, ogni anno, trentamila copie, con una buona percentuale in cinque lingue.
Pinocchio è divenuto fumetto, opera teatrale, musical, ma soprattutto un punto di riferimento obbligato per il cinema, dalla versione animata di Disney a Luigi Comencini, da Roberto Benigni a Matteo Garrone.
Non c’è una specifica collocazione storica, toponomastica o istituzionale, per cui il libro Cuore si è fermato all’Ottocento, mentre Pinocchio è andato avanti.
Si potrebbe dire che l’approccio moderno di Collodi derivasse dalla consapevolezza che la sensibilità degli Italiani è talmente varia che ognuno si deve affidare alla propria consapevolezza. Pinocchio rappresenta un’opera non ancora conclusa, come dimostrano le schiere di esordienti che vorrebbero continuarne la storia.
Ma il libro termina con il ritorno alla realtà: il burattino che ritorna bambino. E l’unico che si assume la responsabilità di mantenere una promessa fatta è proprio Pinocchio!
Morale della favola: dire sempre la verità!