In vista delle celebrazioni in memoria del trentesimo anniversario della Visita di Giovanni Paolo II alla città e alla Chiesa di Lecce e che culmineranno sabato 9 novembre con l’accoglienza del card. Stanisław Dziwisz, all’epoca segretario particolare del Pontefice polacco, Portalecce pubblica gli interventi ufficiali di quelle due giornate storiche (17 e 18 settembre 1994).
Il Papa giunse nel Salento nel pomeriggio del 17 settembre 1994 atterrando all’aeroporto di Galatina e arrivando a Lecce in papamobile. Dopo il sindaco Corvaglia e il ministro Poli Bortone, le prime parole di San Giovanni Paolo II alla città e alla Chiesa di Lecce. Di seguito il discorso pronunciato in Piazza Sant'Oronzo la sera del 17 settembre 1994.
Signor Ministro,
Signor Sindaco,
Distinte Autorità,
Carissimi Fratelli e Sorelle,
- Ritorno con gioia nella terra del Salento per incontrare la fervente Arcidiocesi e la laboriosa Città di Lecce. Grazie per la vostra accoglienza e per il caloroso benvenuto che mi avete riservato, in questa Piazza, dedicata a Sant’Oronzo, patrono della Città.
Saluto le Autorità convenute, in particolare, il Signor Sindaco e l’Onorevole Ministro, che ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto rivoltemi a nome rispettivamente della Città e del Governo Italiano.
Saluto cordialmente il vostro Arcivescovo, Mons. Cosmo Francesco Ruppi, saluto i Vescovi qui presenti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tutti voi, carissimi fratelli e sorelle. Sono qui per rendere grazie al Signore per il vostro fattivo impegno cristiano e per incoraggiarvi nella concorde volontà di fare quanto è possibile per superare gli attuali problemi, a cui hanno fatto riferimento sia il Signor Sindaco che l’Onorevole Ministro. Con voi desidero vivere quest’oggi un’intensa esperienza di condivisione.
In voi abbraccio spiritualmente tutte le popolazioni della penisola salentina con le sue numerose cittadine e paesi, dove è viva e ben radicata la tradizione cristiana. Sono venuto tra voi accogliendo volentieri l’invito che il Pastore della Comunità diocesana mi rivolse sin dal giorno in cui ricevette il sacro pallio. E sono lieto di visitare questa antica e nobile Città, ricca di storia, di cultura e di arte; città abbellita dalle testimonianze di fedeltà evangelica dei Santi Oronzo, Fortunato, Giusto e degli 800 martiri idruntini, le cui spoglie ebbi modo di venerare nel 1980, in occasione del quinto centenario del loro martirio.
La mia sosta odierna in mezzo a voi vuol essere una tappa della “Grande Preghiera per l’Italia”, alla quale ho invitato per tutto l’arco dell’anno Episcopato, clero e fedeli di questo amato Paese.
Ulteriore motivo di gioia sono, poi, gli eventi ecclesiali che oggi qui si compiono: l’inaugurazione di due importanti opere, cioè il nuovo Seminario arcivescovile e la Casa del Clero, e soprattutto l’apertura del Sinodo diocesano, che segnerà un momento forte, un momento di grazia per la Chiesa locale, sollecitata dallo Spirito Santo a scoprire motivi e ambiti di un rinnovato cammino di fedeltà a Cristo. Ringrazio Iddio per queste significative e liete circostanze, che mi offrono l’occasione di incontrarvi e di apprezzare l’ospitalità della vostra Città.
- La fama di Lecce, culla d’arte e crocevia di civiltà, si diffonde ben oltre i confini dell’Italia. Illustre centro dell’antico regno di Napoli, essa si distinse per singolare splendore, tanto da essere definita la “Firenze del barocco”. Importante città di studi, con una università articolata in diverse Facoltà, ha impresso notevole impulso alla vita culturale e civile di tutto il territorio circostante. Ne è testimonianza l’insigne tradizione di giuristi, che hanno ampiamente contribuito alla elaborazione dei codici della legislazione italiana. A questo si aggiunge una vivace tradizione di laboriosità e di imprenditorialità, che ha favorito lo sviluppo economico della Città, incrementando gli scambi commerciali tra levante ed occidente.
Il vostro vanto più alto, cari Leccesi, resta tuttavia la tradizione di intensa religiosità che ha caratterizzato la vita della Città, modellandone nel corso dei secoli la stessa fisionomia esteriore. Come è stato poc’anzi ricordato, qui fiorirono nel passato numerosi monasteri maschili e femminili, grazie ai quali è stato alimentato un singolare intreccio di fede e di cultura, di carità e di santità, arricchito anche, grazie alla vicinanza geografica, da significative tracce della spiritualità dell’Oriente cristiano. È un patrimonio prezioso, di cui voi andate giustamente fieri. Esso si esprime soprattutto in numerose figure di santi, tra i quali vorrei qui ricordare San Bernardino Realino, San Giuseppe da Copertino, di cui domani ricorre la memoria liturgica, e San Pompilio.
- Questa singolare ricchezza spirituale costituisce un dono e un impegno; essa offre motivo per interpretare, alla luce del passato, il presente e per progettare il futuro sia ecclesiale che civile.
Fra i valori di questo patrimonio ideale vorrei qui sottolineare quello della famiglia, esposta oggi al convergente attacco di numerose forze che cercano di indebolirla o comunque di deformarla. È necessario ed urgente che tutte le persone di buona volontà coordinino il loro impegno per salvaguardare questo fondamentale istituto sul quale si regge la vita dell’intera società. Proprio a questo ho inteso richiamare le famiglie nella Lettera che ho ad esse indirizzato in occasione del presente “Anno della Famiglia”. Ho appreso con gioia che quel testo, per iniziativa dell’Arcivescovo e dei parroci, è stato diffuso a decine di migliaia di copie nelle vostre case. Mi auguro che le riflessioni che ho svolto in quelle pagine vi confermino nell’attaccamento, qui ancora molto sentito, ai valori che hanno reso salda e stabile nei secoli la famiglia salentina.
In questa prospettiva è anche necessario porre mano a tutte le concrete misure sociali che favoriscono la vita familiare, quali ad esempio le provvidenze per la casa, il lavoro, la sicurezza sociale, il salario familiare. In una parola, è necessario riconoscere la famiglia quale luogo primario di realizzazione delle persone e di promozione della vita.
- Carissimi Fratelli e Sorelle! Nella vostra Città non mancano, purtroppo, accanto ad aspetti altamente positivi, anche seri problemi con i quali siete chiamati quotidianamente a confrontarvi. Vi hanno fatto cenno tanto il primo Cittadino, quanto il Rappresentante del Governo. Vi preoccupa in particolare il crescente fenomeno della violenza e della criminalità organizzata, che investe soprattutto i giovani, vittime non di rado anche dei terribili lacci della droga.
È giusto riconoscere che non poco è stato fatto dallo Stato, dalla Magistratura, dalle Forze dell’Ordine, come anche dalla Chiesa e dalle istanze sane della penisola salentina. Molto, tuttavia, resta ancora da fare per ridare alla vostra terra l’immagine di un Salento tranquillo, operoso, ospitale. E voi in questo senso vi state impegnando con generosità. A ragione, però, rilevate anche che la principale causa dell’aumento della criminalità è la sfiducia suscitata nelle giovani generazioni dalla mancanza di lavoro e di concrete prospettive per l’avvenire. Come chiudere gli occhi su tale evidenza? E come non ascoltare il lamento di tante famiglie provate dal bisogno e angosciate dalla precarietà occupazionale?
Fin da questo primo incontro desidero dar voce a tanta sofferenza, chiedendo che tutte le forze sociali si impegnino attivamente e concordemente a trovare soluzioni adeguate a questo problema. Da qui infatti dipende il superamento di tante altre difficoltà, con cui la vostra comunità deve misurarsi.
- Da questo punto privilegiato di osservazione, che è la terra di Puglia, rivolgo ora il mio pensiero cordiale alle nazioni che si trovano sull’altra sponda dell’Adriatico. Penso all’amata Albania, giovane nella sua ritrovata democrazia; alla Grecia, faro di civiltà e sorella nella fede; alle travagliate regioni dei Balcani, ed in special modo a Sarajevo, città martire di questo ultimo scorcio di millennio. A tutti vorrei rinnovare l’annuncio che costituisce il centro del messaggio evangelico: Cristo è la nostra pace, perché ha fatto di noi un popolo nuovo, abbattendo il muro dell’inimicizia (cf. Ef 2, 14-18). Nel suo nome rifiorisca l’intesa tra le persone e i gruppi sociali e ritorni finalmente a regnare la pace!
Carissimi Leccesi, tutti vi affido a Maria Santissima Assunta, a cui è dedicata la cattedrale di questa città.
Camminate con fiducia! Il Papa è felice di essere con voi.
Al termine del discorso Giovanni Paolo II si è nuovamente rivolto ai fedeli con queste parole.
Grazie per questa accoglienza calorosa. Si sente che siamo nel meridione. Dal Nord al Sud la temperatura cambia. Anche da Roma a Lecce. Io sono convinto che si deve camminare spesso verso il sud per trovare entusiasmo, per costruire il futuro di tutta l’Italia. L’Italia è privilegiata da questa estensione a nord e a sud e dalla complementarità delle due tradizioni. Qui siamo nella Magna Grecia, ma comunque siamo in Italia, grazie a Dio. Questo è importante anche per il Papa. Io spero di poter tornare e di portare da qui a Roma molte nuove energie. Basta per questo momento, vi auguro una buona notte. Ci incontreremo domani, domenica, “Dies Domini”.