Momento intenso e indimenticabile quello che ha vissuto la Chiesa di Lecce ieri 9 novembre ricordando i 30 anni della storica visita di San Giovanni Paolo II all’ arcidiocesi e alla città di Lecce (17-18 settembre 1994), un passaggio la cui eco continua a guidare i passi della comunità civile ed ecclesiale che vive in questo lembo di terra che è il Salento.
Dopo la conferenza tenuta a Sant’Irene dal card. Stanislaw Dziwisz arcivescovo emerito di Cracovia e già segretario del papa polacco e dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, l’on. Alfredo Mantovano e dopo l’inaugurazione, nel chiostro dell’antico seminario di Piazza Duomo, della mostra fotografica curata da Portalecce attraverso gli scatti di Vittorio e Arturo Caprioli, la chiesa cattedrale è divenuta il centro liturgico della vita diocesana.
Il porporato ha, infatti, presieduto l’Eucaristia trasmessa in diretta su Portalecce e Telerama (GUARDA) e concelebrata dall’arcivescovo metropolita di Lecce mons. Michele Seccia, dal suo coadiutore, l’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta, dall’arcivescovo Luigi Pezzuto, dal vescovo Cristoforo Palmieri e da una rappresentanza del clero diocesano e religioso.
Il servizio liturgico è stato curato dai ministranti della parrocchia “Santa Maria del Popolo” in Surbo guidati dal direttore dell’Ufficio liturgico don Mattia Murra mentre i canti sono stati eseguiti dal coro della Cattedrale diretto dal maestro Tonio Calabrese e accompagnato all’organo dal maestro Carlo Chirizzi.
È toccato a mons. Seccia, all’inizio della celebrazione, portare il saluto al card. Dziwisz (LEGGI) a nome suo e di tutta la Chiesa particolare che gli è affidata, un saluto riconoscente per il fatto di avere accanto un testimone autentico della vita e della santità di Karol Wojtyla, un uomo che per lunghi anni ha vissuto al suo fianco, ne ha carpito segreti e atteggiamenti, ed è stato permeato dalla testimonianza di santità di questo grande pontefice facendo della sua vita e del suo ministero episcopale lo strumento per conoscere e amare la figura e l’esempio di adesione totale a Cristo del papa polacco.
Dopo la liturgia della Parola e dopo i ringraziamenti fraterni all’arcivescovo Seccia per l’invito rivoltogli, è toccato a Dziwisz tenere l’omelia, un autentico concentrato di ricordi di quei giorni nel Salento accanto al Papa Santo e un incoraggiamento a guardare alla sua adesione totale al Signore Gesù come al testamento più bello che il pontefice ha donato al mondo intero.
Ecco il porporato: “Permettetemi innanzitutto di ringraziare il vostro Arcivescovo Monsignor Michele Seccia per avermi invitato a Lecce nel trentesimo anniversario della visita di San Giovanni Paolo II che fece alla vostra città. I ricordi di quei due giorni, 17 e 18 settembre 1994, l'incontro del sabato sera del Papa sulla Piazza di Sant'Oronzo con le autorità e le migliaia di abitanti della città popolare per la sua cultura di Civitas mariana, oggi ritornano e rivivono. Il Santo Padre ha parlato con grande rispetto e ammirazione di Lecce e della Puglia, ma anche dei problemi che la città e la regione devono affrontare. L'Eucaristia domenicale, celebrata nello stadio alla presenza di cinquantamila fedeli, resta indimenticabile, così come l'apertura del Sinodo diocesano e l'incontro del Papa con i giovani. Oggi in questa cattedrale sono presenti alcuni testimoni di quell'incontro, arricchiti dall'esperienza della vita, che allora ascoltava le parole di Giovanni Paolo II sulla vocazione dell'uomo e sulla santità, parole che non valgono solo per i giovani: "La Chiesa ha bisogno della vostra genialità, dei vostri doni, del vostro entusiasmo. Sappiate dire di sì a Cristo che vi chiama ad essere santi. "Santità" è una parola impegnativa, ma non deve farvi paura. Essa non implica il fare le cose straordinarie, ma piuttosto il vivere veramente bene la propria vocazione con l'aiuto della preghiera, dei sacramenti e lo sforzo quotidiano della coerenza. Sì, è necessaria una generazione di giovani affascinati dall'ideale della "santità", se vogliamo costruire una società degna dell'uomo, e di civiltà dell'amore". Queste parole pronunciate trent'anni fa sono rivolte a noi oggi, giovani e meno giovani di età, ma giovani nello spirito. Ogni generazione di discepoli del Signore crocifisso e risorto è chiamata a impegnarsi per vivere il Vangelo, per costruire e consolidare sulla terra una civiltà dell'amore. Questi insegnamenti, esistono da duemila anni!
Partendo, poi, dal brano evangelico tratto dal capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, quello della celebre elezione che Gesù fa dell’apostolo Pietro come colonna e fondamento della Chiesa, il cardinale Dziwisz ha voluto aprire il proprio cuore per condividere con i presenti la bellezza di un ministero, sacerdotale prima ed episcopale poi, che lo hanno visto per molti al servizio di un uomo, Karol Wojtyla, che ha segnato la storia moderna e contemporanea diventando un autentico rimando a Cristo, il Bel Pastore che ama, guida, nutre e conduce la sua Chiesa per consentire ad essa, come Sposa feconda, di continuare a generare nuove vite da donare al Signore.
Ancora il cardinale polacco: “La vita del Papa santo era estremamente trasparente. La gente che lo guardava e lo ascoltava, che lo vedeva pregare, che celebrava l'Eucaristia e che ascoltava le sue parole, era convinta che Egli era un uomo di Dio, un uomo di fede. Ho avuto il privilegio di vivere e lavorare accanto a questo pastore per quasi quarant'anni. Ho visto come tutto nella sua vita e nel suo ministero fosse coerente. Era immerso in Dio e allo stesso tempo tutto impegnato nella Chiesa. La preghiera lo guidava nel servizio e il servizio diventava preghiera. Dopo venticinque anni di pontificato, Giovanni Paolo confidava nell'omelia pronunciata in Piazza San Pietro il 16 ottobre 2003 che ogni giorno nel suo cuore aveva lo stesso colloquio con Cristo e sentiva le stesse domande sull'amore che il Signore risorto poneva al pescatore galileo. Anche lui, con tutta umiltà, rispondeva ogni giorno: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo". Ha risposto con tutta la sua vita e il suo servizio. Mi vengono in mente le parole che Gesù rivolse ai suoi discepoli nel Discorso della montagna: "Voi siete la luce del mondo. [...] Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5, 14. 16). Tale è stata la luce che Giovanni Paolo II ha rappresentato per la Chiesa e per il mondo, e i suoi due successori sulla Sede di Pietro - Papa Benedetto XVI e Papa Francesco - hanno posto il loro sigillo di autenticità sulla sua santità dichiarandolo in breve tempo beato e santo”.
Da qui, il cardinale Dziwisz ha voluto scuotere l’assemblea liturgica attraverso una presa di coscienza molto forte: il mondo sempre più incamminato sulle vie dell‘egoismo e della autoreferenzialità ha bisogno di apprendere uno stile che, poiché credenti, deve caratterizzare i membri della comunità ecclesiale. Partendo, dunque, dalla denominazione della figura del Papa (Servo dei servi ndr) il cardinale ha esplicitamente notato che per continuare a crescere come società civile occorre riscoprire la dimensione del servizio come propedeutica all’ avvento di un nuovo umanesimo sempre più capace di uscire dal proprio orticello per guardale all’altro come un dono, come un rimando alla presenza di Cristo.
Ancora il segretario di Giovanni Paolo II: “Servire - diceva il Papa - è imitare Cristo, che ha dato sé stesso in sacrificio per noi. Servire è vivere un rapporto di concreta solidarietà con i fratelli, specialmente i più poveri. Servire è amare generosamente e gratuitamente, senza che nulla ci sia in cambio. Se la Chiesa vuole essere oggi un segno di speranza per la società, deve vivere profondamente la logica del servizio. Il mondo d'oggi [...] "ascolta più volentieri i testimoni che i maestri". Questo vale soprattutto nel servizio della carità, che, praticata generosamente, è via maestra per l'evangelizzazione [...]. Bisogna essere veri testimoni di carità, ed esserlo dappertutto: nelle famiglie, nelle parrocchie, nei luoghi di studio e di lavoro" (omelia, n. 1-2). Sono le parole di Giovanni Paolo II, pronunciate qui su questa terra, che oggi vorrebbe certamente rivolgere a tutti noi, all'Arcidiocesi di Lecce, alla Chiesa in Italia, in Polonia e a tutta la Chiesa che affronta le nuove sfide del mondo”.
L’ultimo tratto omiletico, ha avuto i tratti della gratitudine e dell’intercessione: gratitudine da parte del porporato per l’amore immenso e la devozione verso papa polacco da parte di tutto il popolo leccese e richiesta di preghiera perché la sua intercessione possa far tornare la pace sul mondo lacerato dai continui conflitti.
Ancora Dziwisz: “Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per l'amore con cui avete sempre sostenuto Giovanni Paolo II e il suo lungo pontificato, e per l'amore con cui lo ricordate dopo la sua partenza per la casa del Padre. […] Per intercessione della Madre di Cristo e della Chiesa, e di San Giovanni Paolo II, a noi tanto caro, chiediamo a Dio il dono della pace per la martoriata Ucraina, per il Medio Oriente e per tutti i Paesi dove si combattono guerre, dove si viola la giustizia, dove si soffre. Chiediamo nuove e buone vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, perché nei nostri Paesi la messe è grande e gli operai sono pochi. Il mondo moderno ha sete della Buona Novella. San Giovanni Paolo II, prega per noi affinché, come ci hai chiesto, possiamo spalancare le porte di Cristo e della sua potenza salvifica”.
Cala così, dunque, il sipario su una giornata storica: a tutti i cristiani che vivono nel territorio ecclesiale leccese e a tutti coloro che hanno venerato la figura di San Giovanni Paolo II e che si affidano alla sua intercessione il compito di poter fare tesoro dei suoi insegnamenti sempre attuali e carichi di spunti di riflessione per la vita di ogni giorno e per il proseguo del proprio cammino di credenti.
Nella mattinata odierna il card. Dziwisz, presiederà la solenne concelebrazione eucaristica nell’unica chiesa parrocchiale della diocesi dedicata a “San Giovanni Paolo II” e sita in Merine di Lizzanello.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.