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Pubblichiamo il testo integrale del saluto rivolto dal vicario generale della diocesi all’arcivescovo Michele Seccia all’inizio della concelebrazione nell’anniversario della dedicazione cattedrale e in occasione del Giubileo oronziano dei sacerdoti.

 

 

 

Un duplice motivo ci riunisce questa sera attorno a lei, padre arcivescovo, in questo splendido tempio, insieme a sua eminenza e ai due eccellentissimi concelebranti l’anniversario della dedicazione della cattedrale che è anche festa dell’unità della Chiesa locale e il Giubileo del presbiterio diocesano in occasione dei 2000 anni dalla nascita del nostro patrono Sant’Oronzo.

Il primo motivo rinvia a una verità teologica che ci auguriamo diventi sempre più realtà, vale a dire l’unità della Chiesa locale attorno al suo vescovo, che, in modo inequivocabile, rappresenta lo stesso Gesù Cristo, capo di tutto il corpo ecclesiale.
Il secondo motivo rinvia a un dato storico: le origini della nostra Chiesa leccese, che secondo un’antica tradizione ha come suo primo evangelizzatore e pastore la figura di Sant’Oronzo. E poiché con Sant’Oronzo siamo alle origini stesse del cristianesimo, il motivo del nostro giubileo come di tutto l’Anno Oronziano, è la necessità e la voglia di tornare ad annunciare la fede cristiana fra le popolazioni del Salento, come ha fatto per la prima volta Sant’Oronzo.  Ma non c’è annuncio senza testimonianza, cioè senza martirio, o predisposizione al martirio: amare come ha amato il nostro Maestro e Salvatore, fino a dare la vita come ha fatto Lui.
Per noi presbiteri, questo Giubileo Oronziano, può essere l’occasione per rafforzare il nostro desiderio di testimonianza e di servizio in mezzo alle nostre comunità per evitare il rischio di farci apparire funzionari, peggio ancora, imprenditori del sacro. Un giubileo tutto nostro per tornare nel presbiterio nel quale, come in uno specchio, con gioia, vediamo riflettersi la vocazione e il ministero di noi singoli presbiteri; per tornare nel presbiterio come quella comunità in cui ognuno di noi può esercitarsi a “non vivere per se stesso”.
I due motivi della odierna celebrazione, vale a dire, l’unità della Chiesa locale e l’unità del presbiterio, trovano il loro punto di convergenza nell’essere un presbiterio e una Chiesa che annuncia e testimonia fino al martirio.
Una unità del presbiterio solo formale, solo funzionale è forse più dannosa di una palese divisione, e una testimonianza anche eroica di soli individui avrebbe il sapore dell’ostentazione e della presunzione. È come  soccombere alla più subdola delle tentazioni, che Sant’Agostino denomina “il diavolo meridiano”.
L’impegno di costruire insieme la Chiesa come una comunità di comunità e il presbiterio come una realtà sinfonica e non come la somma di tanti solisti, questa è la prima e più urgente testimonianza a cui siamo chiamati.
Sant’Oronzo, ci aiuti a realizzare nella vita e nella storia di questa nostra chiesa quella comunione del presbiterio che è già, non lo dimentichiamo, una realtà sacramentale, e ci accompagni con la sua protezione in questa nuova stagione sinodale.

*vicario generale

Foto di Arturo Caprioli.

 

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