Due anni come pastore di una Chiesa diocesana bella e al tempo stesso complessa come quella di Lecce sono forse pochi per portare a regime le prospettive pastorali tracciate sin dai primi discorsi, dai primi passi mossi nella nostra città.
Ma sono più che sufficienti per comunicare uno stile, un modo di essere collaboratori della gioia del Vangelo.
È lo stile, quello del nostro vescovo, che potrebbe essere definito dei grandi orizzonti ideali incarnati nella continua ricerca di una intima prossimità, che fa percepire in chi la sperimenta non solo l'autorevolezza e il carisma di mons. Michele Seccia, ma anche la vicinanza e l'affetto sincero di don Michele.
Uno stile che i laici, soprattutto quelli maggiormente impegnati al servizio della Chiesa attraverso associazioni, gruppi e movimenti, hanno sperimentato nella feconda presenza del Vescovo al loro fianco: una presenza mai formale, ma sempre pronta a farsi occasione di incoraggiamento concreto verso quel «popolo di eletti corresponsabili», secondo la definizione utilizzata dallo stesso Vescovo nella sua prima lettera pastorale alla diocesi, “Ascolta popolo mio”.
E proprio nella valorizzazione convinta, con i pensieri e con i gesti concreti, della corresponsabilità del laicato nella vita della Chiesa - secondo quell'insegnamento fondamentale del Concilio Vaticano II oggi forse un po' trascurato da una parte poco lungimirante della gerarchia ecclesiastica - sta uno dei tratti essenziali di questi due anni vissuti da mons. Seccia alla guida della nostra diocesi. Nella convinzione, ribadita nel discorso alla città in occasione della sua prima festa dei Santi patroni, che «il volto di una Chiesa, per essere bello al modo di Gesù, non può essere reso tale solo dal vescovo: è un compito che spetta a tutti noi, insieme, come popolo in cammino».
In un mondo che cambia a velocità vorticose, e che sfida quotidianamente la Chiesa tutta a trovare il modo più efficace di portare il vangelo fuori dalle nostre parrocchie, per raggiungere ogni persona nei luoghi in cui si svolge la sua vita, l'incessante invito rivolto dal vescovo ai laici a diventare lievito che fa fermentare il pane della comunione e ad annunciare Cristo con il valore della testimonianza è certamente il motivo più bello di ringraziamento per questi primi due anni vissuti insieme.