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C’è aria di festa a Lecce. Nella Chiesa locale e non solo: perché don Michele si fa voler bene da tutti. Non c’è nessuno che lo abbia conosciuto o semplicemente incontrato per strada che non sia rimasto sorpreso dalla sua umanità.

 

 

 

Certo, dalla sua umanità. Un’umanità ormai compiuta nella maturità personale ma trasfigurata dalla donazione e dal servizio che non hanno mai conosciuto pause. Un ‘vescovo umano’, viene da esclamare. E non sembri una banalità e nemmeno un giudizio superficiale o mediocre.

Un uomo che conosce la natura dei suoi fratelli e delle sue sorelle e con essi si fa ogni giorno padre e compagno di vita. Se, infatti, di un vescovo è consuetudine esaltare le doti magisteriali, gli scritti abbondanti, le sorprendenti azioni di governo… di Seccia è più semplice raccontare la sua spontanea ferialità, il suo quotidiano ‘incarnarsi’ nella vita e nelle fragilità di chiunque bussi alla sua porta. Il suo ascoltare, talvolta anche via telefono, e il suo dire sì al Signore che “soffre” e “muore crocifisso” negli uomini e nelle donne che Egli gli mette sulla strada. La semplicità del suo sguardo gioioso, il calore dei suoi abbracci, la generatività dei suoi incoraggiamenti, la paternità dei suoi consigli, la compenetrazione con il dolore, la disponibilità del cuore, la fraternità dell’amore senza misura e… la “compassione della tasca”.

E il suo magistero come anche il munus regendi che gli provengono dal sacramento della successione apostolica, trovano sempre feconda concretezza nel tempo dell’uomo che - come ripete spesso - “è di Dio”. L’uomo è di Dio e anche il tempo è di Dio. E dinanzi all’uomo del suo tempo egli si inginocchia continuamente, sempre nella sobrietà della sua vita normale, disgiunta da ogni forma di cerimoniale, sovversiva dinanzi ai protocolli.

Di un uomo così - nel senso più evangelico del termine - ci si può solamente innamorare. E anche quelle che, ad occhio nudo, possono essere confuse come piccole o grandi debolezze, devono divenire occasioni del cuore per accompagnare, sostenere e ringraziare: guai ad approfittarne. Se ne accorgerebbe subito e ne soffrirebbe maledettamente.

Con queste lenti, Portalecce ha raccontato mons. Seccia negli ultimi tre anni: ‘vescovo umano’ in mezzo alla sua gente senza fronzoli e senza etichette. E oggi che raggiunge la giovinezza dei suoi settant’anni, la sua creatura che prova a far uscire la Chiesa di Lecce per strada, gli fa festa. Dopo avergli regalato per una settimana la narrazione di chi gli è stato compagno di viaggio in tutte le tappe della vita, oggi indossa l’abito nuovo. Piccoli ritocchi grafici e una nuova rubrica, “Portal’è”, una finestra quotidiana che da oggi in poi ospiterà testimonianze più che notizie, storie più che cronaca, bellezza silenziosa e ordinaria. Buon compleanno, don Michele: andiamo avanti.

 

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