Nella Cappella Sistina: Creazione di Adamo. Il dito di Dio è pronto per toccare il dito di Adamo. Cento volte si può guardare, cento volte si rimarrà estasiati.

Sono passati secoli, e quelle dita continuano a vibrare, a raccontarci che nella tensione verso l’altro è racchiuso il senso pieno dell’esistenza. E se fosse questo il significato genuino del ‘panta rei’ tradotto da Montaigne con «tutto è in movimento»? È vero ciò che diceva Aristotele: se il dito duole, l’anima è nel dito che duole. L’anima è nel dito che vibra alla ricerca dell’altro. Oggi più che mai. È la sensibilità tattile che rende l’individuo, uomo o animale che sia, capace di rilevare la presenza di stimoli esterni, generati dal contatto della superficie cutanea con il resto del mondo

In un periodo storico in cui olfatto e gusto sono diventati i due sensi ‘sentinella’, siamo afflitti dal sofferto distanziamento fisico dovuto al virus. Toccare e poi toccarsi potrebbe essere causa di contagio: niente di più distruttivo poteva colpire il bisogno innato che l’uomo ha di relazionarsi corporeamente con l’altro, di fare con-tatto. Ma è proprio perdendo gli abbracci che abbiamo scoperto quanta fame abbiamo di contatti e come ne siamo nutriti. Certo, questo lungo digiuno di abbracci rischia di rendere i nostri copri freddi, impauriti. Nasciamo nel bisogno di essere avvolti da un abbraccio, di essere accarezzati, riscaldati, consolati da un semplice tocco ‘caldo di presenza’. Pensiamo ai ragazzi e ai loro modi di esprimersi: Sei connesso?’; ‘Ma ci sei?’.

Solo adesso possiamo capire quanto fossero veloci e vuoti tanti abbracci, tanti contatti prima della pandemia. Oggi siamo pronti a riempire la vita con sguardi così pieno di affetto da sembrare abbracci. In tempi difficili come i nostri, quando essere pessimisti sembrerebbe la via più sicura e più facile (Bonhoeffer), l’ottimismo genuino e fecondo è quello generato dalla certezza che mai dovremo smettere di cercare l’altro: nostro porto, nostro destino, nostra salvezza