Secondo Matteo Lancini, psicoterapeuta e docente di scienze della formazione all’Università Cattolica di Milano, molti adolescenti vivono in completa solitudine, nascondendosi dal mondo che li circonda, gli esordi di questa alienazione si verificano a 12-23 anni.
Ma l’età si abbassa sempre di più e la pandemia ha aumentato i ragazzi che si isolano. Sono coinvolti anche i bambini delle elementari. Per loro la vita è priva di senso. Ne hanno paura, della vita, e per questo si ritirano. Hanno paura del confronto, si sentono inadeguati, hanno paura di fallire. Si vogliono anestetizzare dalla società. Hanno terrore di non essere all’altezza. E così fuggono in un mondo tutto loro.
«L’Italia è uno dei Paesi con la più alta incidenza di giovani che si isolano» ha spiegato Matteo Zanon, psicoterapeuta referente del progetto Sakidō della cooperativa L’Aquilone di Sesto Calende. Secondo Zanon, «il Covid ha incrementato questo fenomeno». Quanto alle motivazioni che spingono gli adolescenti a chiudersi, sono tante, «tra quelle più evidenti la fatica che fanno i giovani a reggere il confronto con la società di oggi», dove «i social contribuiscono ad enfatizzare il giudizio degli altri» e dove «gli standard ideali proposti sono quelli del successo e dei soldi e se si è fuori da questi standard si è diversi».
Il mondo degli adulti, secondo Zanon, non aiuta: «Gli adolescenti vedono adulti stanchi, che hanno poco tempo, che lavorano tanto e guadagnano poco, insoddisfatti, poco propensi all’ascolto proprio perché pieni di problemi». E così i figli perdono autostima, vivono male la competizione, temono il fallimento. Il consiglio unanime degli psicoterapeuti è: «Ascoltate i vostri figli, seguite quello che fanno, sosteneteli, infondetegli sicurezza. Se loro si chiudono in stanza a giocare ai videogiochi, provate a giocare con loro, fatevi raccontare quello che sono». Non è affatto semplice, ma possibile.