Non studiano e non lavorano. In Italia sono oltre 2 milioni i giovani tra i 15 e i 29 anni che si trovano in questa condizione: i neet, che sta per “not in education, employment or training”, quindi né occupati né inseriti in un percorso di istruzione o formazione.
Il 24%, come confermano gli ultimi dati Istat. Un numero in crescita rispetto al 2020; un’impennata dovuta anche alla pandemia. 97mila ragazzi nell’ultimo anno sono usciti da percorsi lavorativi o di studio. Il dato peggiore in Europa dopo Turchia, Montenegro e Macedonia.
A lanciare l’allarme è ActionAid, organizzazione internazionale impegnata nella lotta alle cause della povertà.
Bisogna considerazione che la fascia d’età 12-18 in particolare è stata trascurata molto in questi due anni malgrado sia quella più importante dal punto di vista degli sviluppi a livello cerebrale e dei cambiamenti che formano l’identità attraverso le relazioni. La prolungata convivenza con le limitazioni, le sottrazioni, i distanziamenti imposti e necessari hanno esposto, di fatto, i più giovani a maggiori penalizzazioni e sacrifici. istituzionali a agire affinché le criticità e i disagi creati dalla gestione complessiva della pandemia e dalle soluzioni e dai provvedimenti intrapresi per la sicurezza sanitaria possano essere arginati e ridotti.
Considerando i dati sulla differenza tra donne e uomini, "secondo una ricerca Ocse (2021) le giovani hanno meno probabilità di trovare un impiego rispetto ai loro coetanei". Infatti, appena il 30% delle donne tra i 25 e i 34 anni con un diploma di istruzione secondaria di primo grado ha trovato un impiego nel 2020, rispetto al 64% degli uomini.
Pertanto, è fondamentale dare assoluta priorità a interventi che ripristinino condizioni adeguate e sostenibili per i minorenni ai quali è necessario garantire la più piena partecipazione sociale.