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“Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta”. Nell’aula del Senato, ieri sera, la vicepresidente di turno Anna Rossomando ha certificato così la situazione del dibattito generale sul ddl Zan.

 

 

 

Sono intervenuti 19 su 35 iscritti a parlare ma non si sa ancora quando la discussione potrà riprendere. Di sicuro c’è che il calendario di Palazzo Madama di qui a fine luglio - appena varato dalla conferenza dei capigruppo - non prevede ulteriori tappe.

Ci sono tre fondamentali decreti-legge da approvare con urgenza: il cosiddetto sostegni-bis scade il 24 luglio, quello su governance del Pnrr e semplificazioni il 30 e quello su rafforzamento delle pubbliche amministrazioni e giustizia l’8 agosto. Gli ultimi due, peraltro, sono ancora alla Camera per la prima lettura.

Il calendario del Senato fra il 3 e il 6 agosto - quando scatterà la pausa estiva - sarà fissato più avanti, ma la maggior parte dei commentatori parla esplicitamente di un rinvio del ddl a settembre.

I tempi necessari per completare la discussione generale sarebbero assai ridotti, ma gli emendamenti da vagliare sono un migliaio. Circa 700 quelli riconducibili alla Lega, cui si aggiungono i 134 di FI e i 127 di FdI. La senatrice Binetti (Udc) ne ha depositati 80. Ce ne sono anche 4 di Iv e sono considerati particolarmente significativi dal punto di vista politico perché i renziani alla Camera avevano votato a favore del ddl Zan e oggi provano ad attivare una mediazione.

I principali nodi da sciogliere sono sempre quelli degli articoli 1, 4 e 7, tra controverse definizioni di principio e delicati profili di rispetto dei diritti costituzionali di libertà di espressione e di educazione. Il Pd, che non ha depositato emendamenti e come M5S e Leu, ha finora giudicato intoccabile il testo uscito da Montecitorio, ha presentato un ordine del giorno in cui propone un’interpretazione del ddl meno indigesta per i dubbiosi del proprio schieramento. Il documento dovrebbe essere votato prima dell’esame degli articoli.

Da parte sua, il centro-destra potrebbe sottoporre all’aula la decisione di non passare all’esame degli articoli al termine della discussione generale. E su questo passaggio - potenzialmente esiziale per le sorti del provvedimento - potrebbe essere chiesto il voto segreto, con l’incognita dei numeri nel segreto dell’urna. Schermaglie procedurali che non toccano la sostanza dei problemi in campo.

Si va realisticamente a settembre, dunque. Questa pausa voluta o subìta potrebbe offrire il tempo per una riflessione meno ideologizzata in grado di portare a una rimodulazione del ddl come suggerito da tante parti, anche se l’imminenza delle elezioni amministrative potrebbe invece indurre i partiti a sventolare con più energia le rispettive bandiere.

 

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