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Nella battaglia contro il Covid si aprono spiragli di luce anche per la sfida al cancro. Una rivoluzione che si staglia all’orizzonte. Grazie ai vaccini.

 

 

 

Soprattutto grazie ai risultati delle piattaforme vaccinali basate sull’Rna messaggero: Moderna e Pfizer-BioNTech. Dalla scienza arrivano dunque parole di speranza e di fiducia. E sono quelle dell’immunologo Paolo Dellabona, direttore della divisione di Immunologia, trapianti e malattie infettive dell’Irccs San Raffaele di Milano, che vive da decenni nei laboratori di Torino, Losanna, Strasburgo, poi Milano.

In una lunga intervista rilasciata al quotidiano Avvenire (LEGGI), Dellabona descrive lo stato dell’arte che potrebbe cambiare le sorti dell’umanità.  

"I vaccini Rna messaggero hanno funzionato contro il Covid-19, ora quest’arma è puntata contro il cancro. E 40 studi internazionali sono in fase clinica 1 e 2, in fase avanzata, e c’è già un tumore che mostra una risposta efficace, il melanoma. Possiamo usarli per attivare o inibire la risposta immunitaria. Era impensabile fino a 4 o 5 anni fa. Lo dico a bassa voce, ma la sensazione è di essere molto vicini a una svolta", afferma Dellabona.

“Gli m-Rna - spiega il luminare nell’intervista - sono diretti per ora contro i tumori per i quali l’immunoterapia, attivata con gli anticorpi monoclonali, ha funzionato. L’idea è di non usare i vaccini da soli ma di utilizzarli in modo complementare per supportare la risposta immunitaria e aumentare la percentuale di pazienti che ne beneficiano. In percentuale, fino al 30-40% dei pazienti oncologici, dipende dal tumore, potrebbero trarre vantaggio dagli anticorpi monoclonali”. Per quali tumori potrebbero essere utilizzati?

“Il melanoma, come detto, ma anche il carcinoma polmonare, i tumori testa-collo, il carcinoma mammario triplo negativo, che è molto aggressivo e che mostra risposte interessanti agli anticorpi. Sono studi lunghi ma che porteranno - sono le parole di Dellabona - a migliorare il successo terapeutico. L’efficacia e la potenza di questi vaccini sono già palpabili nelle malattie infettive. Quindi sono più di una speranza”.

 

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