Oggi sempre più persone, soprattutto tra i giovanissimi, usano il termine gender fluid, tante volte, forse, senza sapere di preciso di cosa realmente si sta parlando.
Fondamentalmente, i ragazzi e le ragazze che si definiscono gender fluid non vogliono essere etichettati in funzione di nessuno schema sessuale, vorrebbero vivere in libertà la propria identità sessuale, senza costrizioni e castrazioni.
Secondo alcuni studi, il numero dei ragazzi, soprattutto adolescenti, che si rivolgono ai centri o alle associazioni per comprendere, e per comprendersi, in merito alla fluidità di genere, è in crescita. Sono notevolmente aumentate anche le ricerche su i vari motori di ricerca e i consulti richiesti in rete.
Sicuramente questo processo è facilitato dal fatto che in questi ultimi anni si affrontano maggiormente queste tematiche, anche a livello mediatico. Uno studio condotto dalla Fondazione Foresta su ragazzi dai 18 ai 21 anni, evidenzia come il 2,3% ovvero circa 1 su 40 della popolazione intervistata, si è definito transgender o gender-fluid. Dati che, secondo gli esperti, sembrerebbero più elevati rispetto alle medie internazionali e nazionali (Fonte Adnkronos). La pandemia e il conseguente isolamento sociale hanno sicuramente avuto le loro conseguenze sulla popolazione giovanile e, spiega la ricerca, i maschi sono diventati il sesso debole. Uno su quattro ha dichiarato di soffrire di solitudine, mentre nel 2018-2019 era solo uno su otto. Una su sei le ragazze che dichiarano di soffrire di solitudine, mentre tre anni fa era una su otto. La solitudine è pericolosa da tanti punti di vista: il 27% dei maschi e il 41% delle ragazze si dichiara vittima di atti di bullismo o cyberbullismo. E le conseguenze complessive sono preoccupanti, il senso complessivo di insoddisfazione aumenta. Tra le donne dall’8 all’11%, tra i ragazzi dal 10,5 al 28,5%.
“Non possiamo far finta che non sia successo nulla nei nostri ragazzi dopo tanto tempo chiusi in casa, legati ad internet, bloccati nelle comunicazioni, qualcosa è scattato, ma un qualcosa che molte volte non dipende dai loro comportamenti ma da quelli indotti da ciò che vedevano - afferma il prof. Carlo Foresta, fondatore della Fondazione Foresta onlus - Questi numeri, queste informazioni vanno comunicate ai giovani, perché loro non hanno un’idea di insieme ma solo delle proprie esperienze. Oltre ai numeri però bisogna fornire un’interpretazione per aiutarli a non considerare il singolo caso come una ‘diversita’’, una ‘patologia’, è necessario analizzare assieme le motivazioni che li hanno portati ad avere questo tipo di comportamento, e lavorare per creare un argine forte che li induca a discutere, a verificare gli elementi che hanno prodotto questa criticita’ e a trovare soluzioni insieme. Bisogna capire perché si è svegliato proprio ora questo modo di intendere la vita, perché attraverso la chiarezza possono nascere buoni propositi generali e quindi degli aiuti sostanziali”.