In una società consumista come la nostra c’è posto per gli anziani? Se, da un lato, si parla sempre di più di invecchiamento attivo, dall’altro, cresce il numero degli anziani non autosufficienti.
In Italia sono oggi 2milioni e 996mila, un numero destinato a crescere nel futuro, ma i servizi sono a macchia di leopardo. In più il Covid ha colpito duramente le persone più avanti negli anni, che hanno pagato un prezzo altissimo in termini di morti e di tanta solitudine. Con il neopresidente dell’Auser, Domenico Pantaleo, riflettiamo sulla situazione degli anziani nel nostro Paese e sul ruolo dell’Associazione che guida.
Quali sono le sfide che aspettano l’Auser?
L’Auser, con le sue 1.516 sedi e con gli oltre 42.000 volontari, deve continuare a svolgere la sua funzione solidaristica contribuendo attivamente all’inclusione sociale. Nell’ultimo anno e mezzo la pandemia non ci ha fermato e abbiamo intensificato tutte le attività di prossimità, mantenendo aperte tutte le nostre sedi. Le persone assistite sono state 395.100. Continuiamo a vivere una stagione difficile con il Covid 19 che ancora imperversa. La concretezza di una grande rete nazionale come Auser deve misurarsi, all’interno dei cambiamenti che riguardano l’invecchiamento della popolazione e le domande di trasformazione sociale, con due riferimenti strategici: il territorio e la persona. Sarà questo l’orizzonte dei prossimi anni.
Gli anziani hanno sofferto molto per il Covid. Cosa è necessario per garantire loro una buona vecchiaia e un nuovo protagonismo?
La tragedia del Covid, con tantissime morti tra gli anziani che hanno vissuto le ultime ore della propria esistenza senza la possibilità di abbracciare per l’ultima volta i propri cari, e il dramma della solitudine non possono e non devono essere rimossi. Per questo serve un cambiamento di rotta. Ai processi di progressivo invecchiamento, in Italia e in Europa, bisogna rispondere con un approccio culturale nuovo. Essere anziani deve essere una opportunità per soddisfare la voglia di continuare a vivere attivamente mettendosi a disposizione della comunità. Una società che invecchia ha bisogno di soluzioni efficaci per mantenere in buona salute le persone.
Dobbiamo accantonare la logica che la vecchiaia sia l’età dello scarto, del declino fisico e mentale.
Come favorire un invecchiamento attivo?
L’aumento delle aspettative di vita è strettamente connesso a un migliore stato di salute determinato dalle migliori condizioni di alimentazione e di vita, dalla disponibilità di nuovi farmaci e tecnologie sanitarie, dalle opportunità di socializzazione e della formazione in tutto l’arco della vita. Gli interventi rivolti agli anziani si sono concentrati prevalentemente sulla fase più critica e complessa della terza età, quella della malattia e della non autosufficienza. Occorre una legge nazionale sull’invecchiamento attivo che sia finalizzata a garantire una migliore qualità di vita e che prevenga la non autosufficienza. Bisogna consentire anche agli anziani di poter viaggiare, fare attività fisica, studiare, divertirsi, amare, fare prevenzione e curarsi.
Durante il recente Congresso nazionale dell’Auser è stata presentata una ricerca sugli anziani non autosufficienti.
La nuova ricerca, curata da Claudio Falasca, sugli anziani non autosufficienti e integrazione sociosanitaria territoriale nei piani regionali intende stimolare una riflessione sulle tante diversità presenti tra le diverse Regioni e all’interno di esse.
Gli anziani non autosufficienti esprimono domande di assistenza e bisogni complesse e individualizzate a cui si riesce a fatica a dare risposte, un peso che viene scaricato sulle famiglie.
Sono 3 milioni gli anziani non autosufficienti, un numero destinato a crescere in Italia e in tutta Europa, mentre gli anziani che vivono da soli sono oltre 1 milione. Nei 21 sistemi sociosanitari sono rilevanti le disparità nella fruizione dei servizi con una situazione disastrosa al Sud. Il ritardo da recuperare è enorme, basti pensare che ben 12 Regioni su 21 non garantiscono i Livelli essenziali di assistenza. L’assistenza e i servizi di assistenza domiciliare sono insufficienti e inadeguati, le Rsa sono da riformare e la semi-residenzialità risulta del tutto assente in molte realtà. Dalla ricerca emerge con chiarezza l’urgenza di una legge sulla non autosufficienza che ne riconosca la specificità, sostenuta da adeguate risorse, come una sfida per cambiare l’organizzazione sociale.
Quali sono le proposte dell’Auser?
L’integrazione tra sanità e socio-assistenziale necessita di una riforma radicale e innovativa. Bisogna prima di tutto invertire la rotta rispetto alla privatizzazione crescente della sanità rafforzando il Ssn. I Piani di zona, i programmi di attività territoriali, le case di comunità devono garantire l’accesso all’assistenza di prossimità con interventi multidisciplinari e integrati individuando nel distretto la responsabilità della programmazione e del coordinamento organizzativo. Si deve spingere ad una accelerazione nel cambiamento delle filiere assistenziali e domiciliari. Le persone anziane devono poter continuare a vivere nel proprio domicilio con interventi strutturali sulle abitazioni, sui contesti urbani e sulla mobilità attivando servizi di qualità ed esigibili in tutto il territorio. L’invecchiamento a casa propria e nel proprio quartiere favorisce il benessere mantenendo vive le relazioni interpersonali. Esperienze come quelle di cohousing intendono trasformare il problema abitativo in opportunità per una comunità più coesa e per un nuovo modello di assistenza fondato sui principi del mutuo aiuto e della reciproca solidarietà. Quindi molto resta da fare per promuovere un cambiamento che parta dai bisogni, individuali e collettivi, ripensando alle politiche di assistenza socio-sanitaria e avvalendosi sul territorio delle tecnologie innovative quali la domotica, il tele monitoraggio e la telemedicina.
Quale può essere il ruolo del volontariato nel sostegno agli anziani?
In un mondo dove tutto diventa effimero essere portatori di istanze concrete per migliorare la vita e la dignità delle persone rappresenta una alternativa agli egoismi, alla violenza e all’indifferenza verso i più deboli. Lo hanno compreso tanti giovani che, attraverso il servizio civile e le tante forme di volontariato, si sono messi a disposizione per contribuire a non lasciare sole e indifese le persone più anziane. Le nostre volontarie e nostri volontari, che con dedizione e coraggio quotidianamente svolgono la loro attività in modo gratuito a favore delle persone più fragili, sono una ricchezza fondamentale per il nostro progetto di trasformazione sociale. La stessa riforma del Terzo settore con regole precise individua in queste figure l’identità delle organizzazioni del volontariato e di promozione sociale. Solidarietà significa aprirsi agli altri non avendo mai timori di ogni diversità, respingendo ogni discriminazione di sesso, di razza, di cultura e di religione. I nostri ideali sono questi e sono convinto che una rinnovata visione sociale deve essere la prosecuzione di una storia di umanità e di amore verso il prossimo.