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Le mafie oggi, alla luce degli elementi che possono favorirle e cosa servirebbe per contrastarle, accanto al lavoro giudiziario che è poderoso.

 

 

 

Il sociologo Maurizio Fiasco approfondisce la questione, analizzando la situazione nelle varie Regioni, nel sessantesimo dell’insediamento della prima bicamerale Commissione antimafia (14 febbraio 1963),a poco meno di due mesi dalla sua istituzione con legge, il 20 dicembre 1962. “La Commissione antimafia nella 18ª legislatura ha fatto un grande lavoro per singoli temi, ma non si è proceduto ad una ricognizione completa sul territorio nazionale per vedere come si presenta la questione delle varie distinte mafie oggi. Non abbiamo un’analisi aggiornata tranne che per la Puglia. Solo questa regione ha ricevuto giustamente un approfondimento attento, un lavoro di quasi 200 pagine”, spiega il sociologo, che è stato consulente a tempo pieno nella 18ª legislatura della Commissione bicamerale antimafia. “Oggi dal punto di vista del contrasto giudiziario rispetto al periodo delle stragi siamo su un altro pianeta, per cui venire a capo di una organizzazione mafiosa sul territorio è un problema di semplice pianificazione investigativa e di inchiesta giudiziaria. Ma - avverte Fiasco - il problema è che la mafia è anche altro. La mafia non è criminalità organizzata, ma una criminalità che tende a sostituirsi a funzioni statuali e a sviluppare collegamenti con i poteri dello Stato, dell’economia, della finanza. Più lo Stato controlla le scelte economico-finanziarie, più riesce a garantire giustizia e sicurezza nei territori, più le funzioni sostitutive che la mafia vuole esercitare si ridimensionano. Ma la mafia tuttora mantiene il suo connotato estorsivo di una organizzazione della protezione alternativa a quella dello Stato”.

 

 

Qual è la situazione della Sacra Corona unita in Puglia?

È stata la quarta regione a vedere sorgere e diffondersi un fenomeno tipicamente di criminalità mafiosa, con ricerca di collegamenti con le istituzioni, con occupazione di parte dei poteri soprattutto locali, con collusioni nei settori dell’economia, con un ciclo di frodi all’erogazione dei contributi pubblici, soprattutto di tipo comunitario, con corruzione negli ambienti giudiziari e con alterazione della fisionomia di alcuni territori, pensiamo ai comuni della provincia di Bari, all’area del Salento, al Tarantino, al Brindisino. Un fenomeno tipicamente mafioso, officiato inizialmente dalla camorra di Raffaele Cutolo, ma terra già esposta al rischio perché vi era stata negli anni Sessanta e Settanta una presenza al soggiorno obbligato di esponenti della mafia siciliana e calabrese. A metà degli anni Novanta ci fu la svolta, quando si ebbe l’opportunità di eradicare definitivamente la criminalità mafiosa dalla Puglia. Ci fu un crollo dei reati indicatori di criminalità mafiosa, che non si sono verificati per circa vent’anni, raramente omicidi per regolamenti di conti, una riduzione delle estorsioni. La regione sembrava ritornata alla normalità. Tra i fattori che contrassegnavano la presenza della criminalità mafiosa in Puglia vi era anche il condizionamento se non l’occupazione di amministrazioni comunali anche di media grandezza. Comuni importanti come Terlizzi. Questa storia sembrava essere alle spalle.

 

Poi cosa è successo?

Torna bruscamente alla ribalta, negli ultimi dieci anni, mescolando forme arcaiche di violenza mafiosa con l’infiltrazione negli enti locali fino al punto che il 5 agosto 2021 si arriva allo scioglimento per condizionamento mafioso di un capoluogo di provincia: il comune di Foggia. Pochi mesi prima era stato sciolto un altro grande comune, quello di Cerignola, nella provincia di Foggia. Quello che contrassegna di più la questione in Puglia è proprio il potere di condizionamento che viene scoperto nelle amministrazioni locali: vengono sciolti anche i comuni di Manfredonia, Mattinata, Monte Sant’Angelo, precedentemente anche Cellino San Marco, Parabita, Valenzano, Manduria, Surbo. Di 24 scioglimenti per mafia in totale da quando è entrata in vigore la legge Mancino (anni Novanta) ad oggi ben 14 sono stati disposti negli ultimi quattro anni. Ciò significa che, dopo una efficace repressione giudiziaria che ha portato alla celebrazione di processi e condanne, 25 anni dopo si ripropone una esposizione al rischio delle amministrazioni locali. Nuovamente la criminalità presente sul territorio va a influenzare la libera scelta degli elettori, un tratto che era alle origini della questione mafiosa in Puglia. Ma non è il solo.

 

Quale altro aspetto c’è?

Un altro tratto è dato da fenomeni arcaici che si presentano su larga scala quali la riduzione al lavoro servile, considerata dalla legge come una riduzione in schiavitù, con lo sfruttamento di lavoratori immigrati nelle campagne. Una delle vere e proprie piaghe della Puglia, soprattutto della provincia di Foggia, è data dalla sottomissione di lavoratori venuti da varie parti del mondo in cerca di una sussistenza, che sono sfruttati con l’imposizione violenta da parte di associazioni a delinquere, che per comodità indichiamo con il termine caporalato. Alle spalle c’è un intreccio sociale piuttosto inquietante. Da una parte, c’è il crollo dei prezzi delle derrate agricole; dall’altra, c’è la frantumazione della proprietà terriera in tanti fondi che non consentono ai proprietari di ricavare un reddito se non attraverso un prezzo infimo delle forze di lavoro, senza regolamentazione, senza forme assicurative e di protezione sociale. Ed è qui che vanno a inserirsi le associazioni a delinquere di matrice etnica che operano con il benestare delle associazioni mafiose. Nel contesto locale questo modo per strappare un reddito è assolutamente conosciuto e tollerato; il mandato di fare il lavoro sporco è affidato a gruppi di caporali che si formano all’interno delle correnti stesse dell’immigrazione. Si sono trovate delle collusioni tra questo odioso sfruttamento e commesse che venivano da aziende agricole pure strutturate e di importante consistenza. Ma non basta.

 

 

Ci dica…

In Puglia si registra anche la ripresa su larga scala delle estorsioni. La mafia è un’organizzazione che vende e impone protezione, il ripresentarsi del fenomeno delle estorsioni su scala molto aumentata è indice di una nuova stagione della questione mafiosa; una controprova è il calo verticale delle denunce per estorsione, pur a fronte della disponibilità di strumenti solidaristici da parte dello Stato.

 

Come mai si è ripresentata la questione mafiosa in Puglia?

Certamente, non è un’inefficienza degli apparati giudiziari, al contrario abbiamo un’accumulazione di esperienza e di sapere vastissima, mentre va denunciato il venir meno di fattori protettivi che dentro una società agiscono per limitare l’espansione della criminalità: la certezza delle amministrazioni e la loro qualità nella gestione delle questioni della vita quotidiana, dei tempi della giustizia, nella utilizzazione dei fondi della contribuzione pubblica in economia. È venuto meno anche il livello della partecipazione politica: o la formazione della rappresentanza politica avviene attraverso un processo partecipativo regolamentato, trasparente e democratico oppure la rappresentanza sarà talmente debole da essere esposta ai condizionamenti e all’influenza dell’associazione mafiosa presente sul territorio. Questo spiega il ritorno di tanti casi di scioglimento delle amministrazioni comunali. Ultima questione riguarda gli effetti della mobilitazione antimafia. Accanto a quella genuina che crea un argine morale, politico e sociale a un fenomeno, vi è stata anche una proliferazione di antimafia apparente con lo scivolamento verso forme di retorica con effetti invariati.

 

Quali antidoti ci possono essere?

Per immettere sul territorio antidoti positivi bisogna tornare a trattare la questione della mafia come nazionale e quindi corredare l’ottima qualità del contrasto giudiziario con una coesione politica e con una ripresa della democrazia. In Puglia la questione del caporalato va affrontata con un intervento coordinato di ispezioni e di indagini giudiziarie, ma anche e soprattutto sul piano di una politica economica che dia delle nuove opportunità dentro regole certe e di rilancio delle vocazioni agricole. Necessario anche uno strumento di gestione e controllo dell’enorme flusso di finanziamenti pubblici, soprattutto di provenienza europea, che è previsto nel Pnrr e questo espone a nuovi rischi. In passato, infatti, uno dei fattori che ha consentito la diffusione e la pericolosità della criminalità mafiosa in Puglia è stata una manipolazione della contribuzione di provenienza europea al settore delle produzioni agricole. Ora potrebbe ripresentarsi su larga scala il fenomeno delle truffe alla contribuzione pubblica, anche e soprattutto di provenienza comunitaria, in agricoltura, nelle infrastrutture, nella sanità. Se andiamo a vent’anni fa era quasi bonificato. Non si è approfittato di questo periodo di contenimento per fare quel risanamento, quel mutamento nei rapporti tra il cittadino e lo Stato che avrebbe immunizzato una regione.

 

Forum Famiglie Puglia