Purtroppo non si usano più e si vedono sempre meno nelle feste del Salento, ma le cosiddette zagarèddhe rappresentano un simbolo importante per le piccole e grandi feste popolari salentine.
Le zagarèddhe sono nastri colorati alti un metro e larghi circa due centimetri che vengono abbinati ai colori dei santi dei quali si vuole fare una devozione, affidare una preghiera particolare e richiederne la protezione.
Il termine zagarèddha deriva dal verbo ebraico “zacàr”, che significa “ricordare”. E in effetti è proprio quello il significato di questi nastrini colorati: fare memoria e ricordarsi sempre del santo a cui le zagarèddhe sono legate.
Infatti, oltre all’aspetto puramente decorativo da un lato, hanno in realtà uno scopo “protettivo” dopo averle benedette o strofinate sullo stipite o sui piedi del Santo per ottenerne, appunto, la protezione.
Caratteristico è anche il legame tra i Santi, i colori abbinati delle zagarèddhe e le malattie che, soprattutto in passato, erano motivo di affidamento dei fedeli ai protettori per poter, appunto, richiedere la guarigione.
Il giallo, ad esempio, è il colore della zagarèddha di Santa Marina, da sempre invocata per la cura dell’ittero (che è ormai risaputo che è una patologia che si manifesta con la colorazione giallastra della pelle). Ma, in realtà, ogni santo ha il suo colore, abbinato per la maggior parte delle volte alle eventuali malattie e patologie delle quali il santo è protettore, o altre volte, abbinato ai colori delle vesti che rappresentano di più il santo: San Donato è rosso, San Rocco azzurra o verde ecc.
Questi nastrini colorati fino a non troppi anni fa ornavano le statue dei santi portati in processione oppure, dopo aver fatto una piccola offerta al santo, si teneva legata al collo, al polso o fra i capelli per tutta la durata della visita al Santo.
Anche nell’antico, magico e ancestrale mondo del Tarantismo le zagarèddhe sono state presenti. Infatti, come testimonia anche Ernesto De Martino, le tarantate erano molto sensibili ai colori. Durante i rituali di liberazione dagli effetti del morso, in preda al tumulto dei sensi, le povere donne aggredivano persone che indossavano vestiti o capi della tinta che le eccitava. Le zagarèddhe legate ai tamburelli allora venivano agitate dai parenti intorno alla tarantata per riuscire a individuare il colore odiato dalla povera donna. Era un modo per aiutarla a guarire. Una volta individuato la zagareddha veniva stracciata, ridotta in brandelli e gettata via. Si credeva fosse un modo per uccidere la taranta.
La tradizione viene ripresa oggi, festa di Sant’Anna, a Trepuzzi per iniziativa di don Emanuel Riezzo, appassionato di religiosità popolare e di tradizioni salentine. Le zagarèddhe con i colori di Sant’Anna saranno benedette e diventeranno protagoniste anche della nostra festa di Sant’Anna, protettrice degli anziani e delle donne incinte.
Saranno disponibili sia in Piazzetta De Gasperi, il luogo dove si svolge la festa, sia nella chiesa parrocchiale San Michele Arcangelo.