Don Oronzo De Simone (1930-2023), sacerdote leccese, è stato un faro di umiltà, carisma e dedizione per quasi un secolo.
Nato in una famiglia profondamente radicata nella fede e nelle tradizioni, portava nel sangue le radici spagnole dei suoi antenati, che da Simeonesdivennero Simone e infine De Simone. Questa storia familiare, ricca di figure illustri come sacerdoti e un vescovo del XVIII secolo, ha senza dubbio plasmato il suo carattere e la sua missione.
Dopo brillanti studi in teologia e diritto canonico tra Lecce, Molfetta e Roma, don Oronzo fu ordinato sacerdote nel 1952. Da quel momento, la sua vita è divenuta un esempio di fede vissuta e amore per il prossimo. Ha ricoperto numerosi incarichi nella diocesi: cerimoniere, cappellano, cancelliere, direttore dell’Archivio storico e guida spirituale per i ragazzi del carcere minorile di Lecce. Ogni ruolo era per lui un’opportunità di servire, sempre con il sorriso e con una umiltà disarmante.
La sua vita era segnata da un eroismo silenzioso. Anche negli ultimi anni, quando scelse di vivere presso i Vincenziani dell’Idria, il suo ministero non conobbe sosta. Ogni giorno percorreva le strade per celebrare messa, confessare o semplicemente condividere un momento di preghiera con chi aveva bisogno di conforto.
Totò Morello, che ha avuto il privilegio di conoscere da vicino don Oronzo De Simone, ha deciso di onorarne la memoria creando un luogo speciale, una ‘stanza-museo’ presso la chiesa di San Giuseppe in Via Fazzi, a due passi da Piazza Sant’Oronzo, dove raccontare e custodire i segni della vita carismatica di questo sacerdote straordinario. In un’intervista che si trasforma in un coinvolgente racconto biografico, Totò condivide i ricordi più intimi e i momenti vissuti accanto a don Oronzo, rivelandone l’anima autentica e il profondo insegnamento.
«Mi è sembrato giusto fare qualcosa che custodisca la memoria di un uomo che ha segnato profondamente la mia vita e quella di molti altri», racconta Totò, che non ha mai dimenticato l’impatto che don Oronzo ha avuto su di lui. Con il suo progetto, desidera restituire un po' di quella stessa luce che ha ricevuto. Tra i ricordi più significativi, spicca il loro legame speciale: «per me, don Oronzo è stato più di un fratello maggiore: dopo la perdita di mio padre a 18 anni, divenne per certi versi una figura paterna. Insieme a suo fratello don Raffaele, erano il mio punto di riferimento. Non mi fecero mai mancare nulla, accogliendomi nella loro famiglia. In me rivedevano forse il fratello più piccolo, morto in tenera età. Avevo persino una stanza nella loro casa, proprio quella di don Oronzo. La loro generosità si manifestava in gesti concreti, come quando nel 1976 realizzarono il mio sogno regalandomi una Vespa 50 Special. Anche nei piccoli gesti, come i regali della Befana, c’era tutto il loro amore. Erano sempre pronti a sostenere, ad accompagnare le mie scelte, anche quando la mia strada si rivelò diversa da quella del sacerdozio, che avevano immaginato per me».
Don Oronzo non si limitava a servire la Chiesa ma la viveva con tutto se stesso: «era instancabile nel portare i sacramenti a chi ne aveva bisogno, spesso ricorrendo all’aiuto di altri, dato che non possedeva un’auto. Organizzava funerali per i poveri, si prendeva cura dei carcerati e non si tirava mai indietro davanti a chi soffriva. Era mosso da una fede incrollabile e da un amore autentico per il prossimo. Quando mio padre morì, fu al nostro fianco fino all’una di notte, per confortarci. Anche le feste che organizzava in famiglia erano un esempio di gioia e condivisione, momenti che trasformavano ogni giornata in un rifugio di amore».
Dopo la scomparsa di don Oronzo avvenuta il 26 agosto del 2023, nel giorno della festa del santo patrono di Lecce, Totò Morello si è ritrovato a riflettere sull'importanza di custodire la sua memoria, che ha lasciato un’impronta indelebile non solo nella sua vita, ma in quella di tanti. Racconta di come abbia recuperato oggetti significativi, come un altare del '700 appartenuto ad un suo zio vescovo, insieme ad una vecchia scrivania, documenti, tesi, lettere e fotografie di famiglia, che narrano una profondità che va oltre le cose e le parole: «l’idea di disperdere questi ricordi mi era insopportabile, così ho pensato di creare un luogo che renda onore alla sua memoria. Spero anche di fondare un giorno un’associazione dedicata a lui, per continuare la sua missione: aiutare i poveri, i ragazzi delle carceri minorili e chiunque viva nella solitudine o nella difficoltà. Desidererei raggiungere anche chi non ha il coraggio di chiedere aiuto, chi è chiuso in se stesso, affinché trovi una guida e un motivo per sperare».
Spinto dalla vision di questo progetto, ha sottolineato l'importanza di non concentrarsi soltanto sui giovani, ma di dedicare particolare attenzione agli adulti, affinché possano diventare veri e propri mentori per le nuove generazioni: «Con il loro esempio, dovrebbero insegnare ciò che davvero conta nella vita e come esplorare le esperienze di figure come Don Oronzo per riscoprire il meglio di sé. Oggi molti giovani sembrano privi di punti di riferimento, incapaci di definire obiettivi chiari e spesso non portano a termine ciò che intraprendono. Il mio augurio è che possano incontrare guide capaci di orientare i loro passi, e che, nel profondo, trovino la certezza di un amore che non finirà mai». Conclude con il sogno di creare un’associazione che racconti e tramandi il ricordo di don Oronzo, affinché la sua opera continui anche dopo la morte: «con l’aiuto delle risorse disponibili, l’associazione sarà dedicata a fare del bene, proprio come faceva don Oronzo. Aiutare i poveri, i ragazzi delle carceri minorili e chiunque si trovi nelle difficoltà della vita, ma soprattutto coloro che sono chiusi in se stessi e nella solitudine delle loro case». Essere un’opportunità, una speranza per chi non ce l’ha «perché, alla fine di tutto, è l’amore e l’umiltà che restano. E queste, come insegnava don Oronzo, sono le uniche cose che possono veramente cambiare il mondo».
Photogallery di Arturo Caprioli