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Il primo mese dell’anno si presenta con giornate di freddo intenso e forti gelate nonostante il cielo appaia limpido e sgombro da nuvole, portate via dal soffio frequente del vento di maestrale.

Sia pure impercettibilmente le giornate si allungano; lo sa bene il contadino che osserva il lento progredire della luce del giorno, in contrasto con la morte apparente della natura e la desolazione della campagna; gennaio, come dicembre, è ritenuto mese di passaggio a quelli successivi.

Secondo la cultura contadina: ci scennaru nu scennariscia, febbraru malepensa, se gennaio non gennareggia, febbraio pensa male, ossia se il mese non è doverosamente freddo, lo sarà senz’altro febbraio.

 È preferibile un clima asciutto e non piovoso, secondo il detto scennaru siccu, massaru riccu, gennaio secco, massaio ricco, perché consente alle radici delle piante in genere e soprattutto al frumento di penetrare ancora di più sottoterra.

Dopo le feste natalizie si riprendono i lavori agricoli tradizionali e principalmente si consiglia di potare la vigna: puta e zzappa te scennaru, se vo’ binchi lu ceddhraru o lu lucirnaru, pota e zappa di gennaio se vuoi riempire la cantina o la soffitta ossia il granaio.

 Nella campagna salentina già in questo mese è facile che fioriscano i mandorli quando gli altri alberi sono ancora spogli e quasi rinsecchiti per il riposo vegetativo; tuttavia il contadino esperto non si lascia ingannare da questo frettoloso messaggio di primavera in quanto mendula ci fiurisce te scennaru, nun nde minti allu panaru, mandorlo che fiorisce in gennaio, (frutti) non ne metti nel paniere; si possono verificare gelate notturne che bruciano le gemme e che non potranno dare frutti.

    

 

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