Il 14 febbraio è universalmente conosciuto come il giorno di San Valentino, protettore degli innamorati.
Per restituire l’autentico spirito di questa ricorrenza ormai diventata un fenomeno commerciale sarebbe bello che gli innamorati prendessero in mano la Bibbia e leggessero insieme quel delizioso libretto che è il Cantico dei Cantici. Ne rimarrebbero profondamente sorpresi, perché esso parla dell’amore di due giovani che esprimono con semplicità e naturalezza la loro passione e la loro intimità, attingendo a piene mani alla ricchissima e variegata simbolica offerta dalla natura.
Rabbì Akiba († 135) aveva affermato: «Il mondo intero non è degno del giorno in cui il Cantico è stato donato a Israele. Tutti i libri della Bibbia sono santi, ma il Cantico è il più santo di tutti». Eppure in questo libro non si cita mai il nome di Dio (se non in 8,6 dove ha forse un valore superlativo). Ciò significa che l’amore umano nella sua realtà totale, nella sua corporeità e spiritualità, rivela Dio: «L’amore umano in sé parla di Dio; se esiste l’amore esiste Dio; nella vita terrena chi ama conosce Dio (1 Gv 4,8) e lo irradia rivelandolo all’umanità» (G. Ravasi).
Come ha annotato la biblista Rosanna Virgili in un recente articolo su Avvenire (08/02/2020): «L’amore è corpo nudo, vuoto, puro, come il Santo dei Santi. Per questo il Cantico è il libro dei mistici, Paese sospeso. Dio come in un passaggio, la meghillà di Pasqua. Per questo è un gran peccato che la Chiesa abbia impedito per secoli l’accesso a questo piccolo libro, grandissimo tesoro, fonte di salute e di salvezza per il corpo e per l’anima. Teniamo sveglio il cuore ora che “il tempo del canto è tornato”».