Cresce la paura in Transnistria - la regione separatista filorussa della Moldova, non distante dal confine con l’Ucraina - dopo l’attentato a Maiac, nel distretto di Grigoriopol, dove due esplosioni hanno colpito e abbattuto torri radio che rilanciavano il segnale dei media statali russi. L’attacco segue di poco quello di ieri nella capitale Tiraspol contro la sede dei servizi segreti del Kgb.
PARROCCHIA BUNKER
Il rischio di un coinvolgimento della Transnistria nella guerra in corso tra Russia e Ucraina ha spinto la parrocchia Santissima Trinità di Tiraspol ad organizzare un bunker da usare in caso di attacchi aerei. Da anni la parrocchia porta avanti una intensa opera di solidarietà che va dall’assistenza domiciliare per malati gravi e terminali all’accoglienza nella casa “Petruska” di 24 bambini di strada e con disagio, che diventano 40 nelle ore diurne, passando per l’alloggio a studenti universitari e di scuole superiori.
La preoccupazione per una escalation della guerra e per la sorte dei bambini della casa, ha spinto il parroco, Padre Piotr Kuszman, a organizzare il bunker. “In parrocchia - racconta - hanno portato dei materassi. Per scrupolo stiamo preparando un rifugio anti aereo in caso di attacchi. Siamo qui sotto terra. E porteremo qui i bimbi che accogliamo nel centro Petruska. Abbiamo anche acquistato bottiglie di acqua e cibo a lunga conservazione”.
“Non voglio spaventare ma dopo le esplosioni di ieri devo essere pronto ad ogni eventualità, anche in caso di attacco armato”. “Le esplosioni dei giorni scorsi - prosegue il sacerdote di origine polacca, dehoniano, che guida una comunità di circa 100 fedeli cattolici - hanno messo paura. Anzi, panico. Questa mattina si è vista una grande ondata di persone che sono scappate dalla Transnistria verso la Moldova. Un flusso di macchine su tutti i punti di accesso al confine”.
Di ieri l’annuncio, da parte delle Autorità, dello stato di ‘allerta rossa’ per terrorismo per 15 giorni. “Significa – dice il parroco - che agli ingressi, in molte città, vi saranno dei check point. Di notte saranno fermate le persone che entrano e escono e controlli saranno fatti anche durante il giorno. Indicativa, a riguardo, la decisione ufficiale delle Istituzioni di non tenere né la tradizionale parata militare né la marcia del ‘Reggimento degli Immortali’ nella quale semplici cittadini sfilano con i ritratti dei parenti che hanno combattuto nella Seconda Guerra mondiale”. “Nessuna manifestazione pubblica è autorizzata. Padre Kuszman spiega che “già una settimana fa si parlava che la fase successiva della aggressione russa in Ucraina avrebbe coinvolto la parte meridionale del Paese fino arrivare ad Odessa e subito dopo la Transnistria. Ma per giustificare un intervento del genere i russi hanno bisogno di dire che qui la parte della popolazione russofona è oppressa”.
Si replica, insomma, quanto è avvenuto in Donbass e le esplosioni dei giorni scorsi servono da “provocazione”. Da queste parti c’è chi giura che l’arrivo dei russi sarebbe salutato da applausi e lancio di fiori. Ma c’è anche la certezza di una reazione ferma dell’Ucraina. Il futuro non sembra promettere nulla di buono. Di diplomazia e negoziato non parla più nessuno.
RIMPALLO DI RESPONSABILITÀ
Le parti si rimpallano la responsabilità anche se a parole manifestano volontà di dialogo. In seguito ad una riunione odierna del Consiglio di sicurezza della Moldova, la presidente Maia Sandu ha sostenuto che dietro gli attacchi degli ultimi due giorni in Transnistria si nasconderebbero i tentativi di provocare un’escalation della tensione nella regione, in particolare da parte delle “fazioni pro guerra, interessate a destabilizzare la situazione. Condanniamo tutte le provocazioni e i tentativi di coinvolgere la Moldova in azioni che potrebbero mettere in pericolo la pace. Il nostro governo rimane determinato a risolvere il conflitto con il dialogo”.
Per il leader della Transnistria, Vadim Krasnoselsky, “Coloro che hanno organizzato questi attacchi mirano a trascinare il nostro Paese in un conflitto. Ma non accadrà. È necessario mantenere la pace”, ha concluso Krasnoselsky, che chiede all’Ucraina di “indagare sul movimento illegale di specifici gruppi combattenti che hanno perpetrato attacchi terroristici nel nostro territorio” e lancia un appello alla Moldova affinché “non si faccia coinvolgere in un’aggressione contro la Transnistria”. Dall’Ucraina la risposta non si è fatta attendere: lo Stato Maggiore ucraino ha denunciato che le forze militari russe dispiegate in Trasnistria “sono state messe in stato di piena allerta al combattimento” così come le milizie separatiste.
TRANSNISTRIA SOLIDALE
Eppure allo scoppio della guerra, il 24 febbraio scorso, anche la Transnistria, come la Moldova, si è prodigata per accogliere i profughi dall’Ucraina. “Ne sono arrivati circa 20mila – ricorda il parroco – molti sono stati accolti da amici e parenti. Provenivano da Odessa, Mykolaïv e altre città del sud. Le Autorità locali hanno allestito centri di accoglienza in tutte le città più grandi del Paese, aperto hotel e alberghi, offerto pasti, kit igienici, pacchetti sanitari, vestiario, e anche soldi per permettere alle famiglie profughe ucraine di pagare un affitto. Istituito anche un numero verde per comunicare ogni possibile esigenza. Anche la nostra parrocchia della Santissima Trinità, l’unica di Tiraspol, ha contribuito con raccolta di cibo e medicine, consegnando pacchi a chi ne aveva fatto richiesta”.
PREGARE PER LA PACE
Quello che preoccupa la Chiesa cattolica locale è, sottolinea il parroco, “la spaccatura che questo conflitto genera nelle persone e il fatto che la prima vittima della guerra sia la verità”. Ne sa qualcosa Padre Marcin Janus, parroco della parrocchia Santa Marta nel nord della Transnistria. “Quando in una mia predica ho fatto riferimento alla guerra mi hanno chiamato dal Kgb locale. Hanno detto che ho predicato estremismo e incitamento al disordine pubblico”. “La propaganda che arriva dalla Russia - spiega Padre Piotr - diffonde l’opinione che gli ucraini sono fascisti, neo nazisti. Nella mia parrocchia ho situazioni così. Addirittura membri della stessa famiglie sono divisi fino alla rottura dei legami di parentela. In parrocchia quindi non si può parlare di politica. Noi preghiamo in pace per la pace. Questo è quello che possiamo fare”.