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“È fondamentale una cooperazione efficace tra esorcisti, comunità e diocesi”, perché “una mancata comunicazione tra i vari soggetti implicati nelle relazioni di cura influisce negativamente sullo svolgimento del ministero”.

 

 

 

È uno dei dati del progetto di ricerca sul ministero dell’esorcismo nella Chiesa cattolica, elaborato dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum - in collaborazione con il Disci (Dipartimento storia culture civiltà) dell’Università di Bologna e con il Gris (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa) e presentato in questi giorni a Roma.

Nelle interviste che caratterizzano la seconda parte del progetto, ogni esorcista ha lamentato delle forti difficoltà nello svolgimento del proprio ministero. “Sorprendentemente, le maggiori difficoltà percepite non provengono dal ministero in sé, ma dalle condizioni materiali del suo svolgimento e dai rapporti che si creano con il territorio”, si legge in una nota, in cui si fa presente che “l’esorcista riceve una mole ingente di persone, non ha il tempo di accoglierle o di ascoltarle tutte. La gestione del ministero spesso è centellinata per altri incarichi che riveste il sacerdote, come ad esempio gli impegni quotidiani della parrocchia”.

Ci sono poi le difficoltà relazionali: “i sacerdoti in generale si sentono poco aiutati, sia dalla diocesi sia da altri sacerdoti non esorcisti. Hanno tutti affermato di ricevere uno scarso supporto per il loro ministero, fatto che incide, oltre che sul piano personale, anche nelle possibilità concrete di intervento nei confronti delle persone afflitte”, come dimostra la scarsità di staff diocesani di supporto rilevati nei questionari quantitativi. “Nel dispiegarsi di un cammino di liberazione molto spesso si assiste all’inserimento di persone afflitte nella vita di comunità di una chiesa o di una parrocchia”, riferiscono inoltre gli esorcisti: “Questa convivenza può essere conflittuale e dare origine a diversi problemi”.

Dalle interviste, infine, “emerge la mancanza di networks intorno all’esorcista, al quale viene delegata la cura di persona afflitta, familiari e comunità”.

 

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