“La fede nell’imprevedibile”: è tratto da una riflessione di Maria Zambrano, filosofa spagnola del secolo scorso, il tema del XVII Convegno nazionale di pastorale giovanile in svolgimento a Lignano Sabbiadoro fino a domani, per iniziativa del Servizio nazionale Cei per la pastorale giovanile (Snpg).
Si tratta del primo convegno dopo due anni di stop imposti dalla pandemia. A Lignano sono presenti oltre 400 delegati da tutte le diocesi italiane. Il programma prevede interventi, laboratori e momenti culturali quali le visite a Venezia, Trieste, Redipuglia, Aquileia e Gorizia.
Tra i relatori figurano testimoni di pace come Violette Khoury, psicologi e docenti di pedagogia come Luigina Mortari, Matteo Lancini e Franco Nembrini. Il gesuita don Giacomo Costa guiderà i laboratori sulla sinodalità. Abbiamo chiesto al responsabile del Snpg, don Michele Falabretti, di presentare il Convegno di Lignano.
Don Falabretti, è iniziato il convegno della ripartenza…
Il Convegno che stiamo vivendo risente di tutte le fatiche di questo tempo e le vorrebbe affrontare. Sono molti i segni di fatica che questo tempo ha portato con sé, ma sono altrettanti i segnali positivi e le opportunità che ci vengono offerte. L’imprevedibile di questo tempo ci aiuta ad affrontare con più coraggio il futuro. Con un atteggiamento che chiede fiducia: che non è la fine del mondo, che l’imprevedibile porterà sguardi ed esperienze nuove, che il nuovo va atteso e desiderato, ma anche preparato e accolto. Il convegno punta a riprendere l’impegno educativo con speranza.
Bisognerebbe prima provare ad uscire dal tunnel nel quale siamo piombati a causa della pandemia, durante il quale le parole più ricorrenti, specialmente tra i più giovani, sembrano essere state fragilità, malattia, morte, solitudini, depressioni…
Lo sforzo di questi giorni è innanzitutto provare a uscire da questo tunnel della pandemia, e adesso anche della guerra, per ritrovare forza e senso nelle cose che si fanno così da ripartire. È un tempo da rileggere che assomiglia al rientro a nuoto sulla spiaggia: un percorso che sembra interminabile e che non ci riporta mai al punto di partenza. La sensazione di essersi persi, forse anche di aver gettato via del tempo, di aver fatto un percorso inutile, è grande. Ma non possiamo limitarci solo a maledire questo tempo. Dobbiamo domandarci cosa Dio ci sta chiedendo oggi. L’odierno può essere un tempo liberante e responsabilizzante.
Poco fa ha detto che il convegno punta a riprendere l’impegno educativo con speranza: ma in che modo?
Dobbiamo prima riprenderci e lo stiamo già facendo. Ma pur avendo messo i piedi sulla spiaggia, la testa ancora gira per la stanchezza, gli occhi scrutano il punto dove tornare e la mente ripensa alla fatica. Le persone attorno a noi non sembrano più le stesse, le cose che facciamo paiono non avere lo stesso gusto. A mano a mano che si cammina, però, ci si asciuga e forse la stanchezza ci sta dicendo che potrebbe non essere stato tutto inutile; già si percepisce che la mente si è liberata, la circolazione del sangue si è riattivata, i muscoli promettono di essere più tonici. Lo abbiamo visto lo scorso 18 aprile quando 80mila adolescenti hanno risposto all’invito di Papa Francesco riempiendo piazza san Pietro. L’imprevedibile di questo tempo può rivelarsi fecondo ma bisogna cogliere le occasioni che offre.
Quell’incontro a San Pietro è stato un segnale importante cui dare continuità…
Certamente, per questo serve capire dove siamo approdati e dove vogliamo andare. Ci siamo persi ma è possibile ritrovarsi e questo vale per tutta la pastorale. I giorni che stiamo per vivere insieme assomigliano, come ho già detto, a quella passeggiata sulla spiaggia, quando per non sentirci del tutto persi, proviamo a riordinare i pensieri, a cercare di capire da dove eravamo partiti, cosa abbiamo fatto in mare, cosa ci aspetta ora che i piedi sono di nuovo sulla terra. Quando i pensieri si chiariscono allora si comprende anche che la fatica di un cammino è qualcosa che ti rigenera.
Dunque a fragilità, isolamento e disorientamento come si può rispondere?
Con alleanza, servizio e ascolto: sono tre prospettive necessarie a questo cammino. Si tratta di punti di riferimento che dobbiamo riscoprire insieme. Un’attenzione particolare dobbiamo prestarla agli adolescenti perché hanno patito molto durante la pandemia. Pensiamo per esempio alla situazione del tutto inedita della Dad che li ha obbligati a ‘portarsi in casa’ insegnanti e compagni condividendo sprazzi di ‘vita familiare’ anche complicati. Dal distanziamento all’isolamento il passo, per molti, è stato breve. L’impegno educativo cui facevo riferimento poc’anzi significa anche ridare fiducia alle relazioni e alle esperienze con il mondo giovanile superando alcune criticità come la distanza che si percepisce tra i ragazzi e la comunità ecclesiale in cui vivono. Riprendersi per mano, tornare a fare alleanza, rinvigorire lo spirito di servizio che il Vangelo mostra come forza per il mondo, è l’obiettivo che questi giorni si vogliono dare.