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Il prefetto del Dicastero per la comunicazione è intervenuto al Signis World Congress, Congresso mondiale dell’associazione cattolica per la comunicazione, che quest’anno si tiene a Seul alla presenza di circa 300 partecipanti da 31 Paesi.

 

 

“L’unico modo per rispondere alla sfida della tecnologia è quello di non pensarla come un idolo”. “Perché ci sono cose che la tecnologia non può sostituire, Come la libertà. Come il miracolo dell’incontro fra le persone, la sorpresa dell’inatteso, la conversione, lo scatto dell’ingegno, l’amore gratuito”.

Il prefetto del Dicastero per la comunicazione ha ricordato che la tecnologia, frutto dell’ingegno umano, permette oggi cose - come le teleconferenze, la telemedicina, l’e-commerce - “che erano impensabili solo pochi decenni fa”. Ma il paradosso del nostro tempo, ha sottolineato, è che “siamo iperconnessi e anche soli”.

“Il problema è esattamente qui. Quando non c’è più comunicazione, ma solo connessione”. È allora che “bisogna mettersi in discussione, fare un esame di coscienza personale e collettivo”. E rispondere ad alcune domande. Come è possibile essere allo stesso tempo iperconnessi, e terribilmente soli? Perché, spesso come affermato da Papa Francesco, quando tu compri una felicità, poi te ne accorgi che quella felicità se n’è andata… Non dura la felicità che si compra. Soltanto la felicità dell’amore, questa è quella che dura”.

Solo una relazione, una connessione fondata sull’amore può renderci meno soli, può durare, può renderci felici”. “E l’amore - ha osservato il prefetto del Dicastero per la comunicazione - si basa su questa fragilità suprema che è il sentire il bisogno di amore, di amare e di essere amati, di donare e di donarsi. Qui è la radice di ogni comunicazione. Per questo la connessione da sola non basta”.

 

 

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