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"La visione stessa della Chiesa come mistero di comunione e una più avvertita considerazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo hanno contribuito a meglio porre in luce il ruolo del laicato nella comunità ecclesiale".

 

 

Si tratta, pertanto, di favorire nei fedeli laici una più chiara consapevolezza della loro vocazione, che si esprime in una pluralità di compiti e di servizi per l’edificazione dell’intero popolo cristiano. Nel trattare questi temi, occorre essere attenti a non fare confusione tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, interpretando arbitrariamente il concetto di ‘supplenza’, ‘clericalizzando’ e rischiando così di creare di fatto una struttura ecclesiale di servizio parallela a quella fondata sul sacramento dell’Ordine”. È un passaggio del messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, che Papa Francesco ha fatto giungere all’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, mons. Claudio Maniago, presidente del Centro di azione liturgica (Cal), in occasione della 72ª Settimana liturgica nazionale che si è svolta a Salerno, dal 22 al 25 agosto, sul tema “Ministeri al servizio della di una Chiesa sinodale”. Con mons. Maniago facciamo un bilancio della Settimana.

 

Eccellenza, com’è andata?

La Settimana è andata bene. Credo che il primo sentimento condiviso è stato la soddisfazione di essere tornati finalmente in presenza. L’anno scorso, a Cremona, la Settimana era stata ancora pesantemente penalizzata dal Covid, essere tornati a vedere una sala piena di sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi, laici che si confrontavano su un tema delicato, importante, complesso come continua a dire il Papa, come quello della ministerialità della Chiesa, è stato per noi un grande segno di speranza, di cui dobbiamo essere contenti e per il quale lodare il Signore. Eravamo circa 200 in presenza. L’altra cosa positiva è stata l’accoglienza dell’arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, che è stata molto organizzata per cui ha reso questi quattro giorni strutturati in modo adeguato.

 

Il Papa vi ha mandato un messaggio…

Abbiamo ricevuto non soltanto il sostegno che il Papa come sempre ha dato attraverso il suo messaggio ma per una provvidenziale coincidenza il Santo Padre, mercoledì 24 agosto, da una parte ha tenuto l’udienza in cui ha ribadito che la guerra è una pazzia che fa vittime innocenti, dall’altra ha pubblicato un messaggio sulla ministerialità nella Chiesa, nel suo cammino sinodale, alla luce dei cinquant’anni della lettera apostolica in forma di “Motu Proprio” Ministeria quaedam di San Paolo VI. Questo ci ha dato un po’ il senso della nostra Settimana liturgica: sin dall’inizio, ci siamo detti che il nostro appuntamento non era un astrarsi dalla complessità della storia che stiamo vivendo non solo a livello di Paese, ma di continente e non solo, direi di umanità, ma al contrario un modo per riflettere su una dinamica, che è quella del servizio, che una volta di più dovrebbe aprire gli occhi e far fare anche, ad ogni livello, uno scatto di qualità. Pensiamo ad esempio alla situazione del nostro Paese, che si appresta alle elezioni, in un clima molto complesso. Parlare di ministeri e di spirito di servizio è un ulteriore invito alla responsabilità che si fa a tutto il mondo politico impegnato nella campagna elettorale e nelle elezioni. E, in più, proprio attraverso la liturgia, che è il luogo dell’incontro, delle differenze, il luogo in cui si attinge a ciò che veramente conta, per noi cristiani la salvezza del Signore, è un invito ad aprire gli occhi sull’umanità che non può risolvere i conflitti e le tensioni con la guerra, che, ce lo siamo detti anche noi, è una pazzia che non ha giustificazioni, questo a cominciare dalle piccole tensioni, talvolta che anche a livello ecclesiale si creano, proprio quando si perde di vista lo spirito più autentico dei ministeri che non è quello di appropriazione di un diritto, di un privilegio, non è un salire su un piedistallo, ma invece è uno scendere sempre di più per incarnare la presenza del Signore che sta in mezzo a noi per servirci.

 

Torniamo al messaggio, a firma del card. Parolin, che il Papa le ha inviato per la Settimana liturgica nazionale 2022: c’è qualche aspetto in particolare che vuole sottolineare?

Intanto, la vicinanza del Santo Padre, questo è un messaggio “fedele”, nel senso che il Papa segue fedelmente questo cammino e il servizio che il Cal sta facendo con questa Settimana liturgica. Già l’idea del messaggio che fedelmente ci accompagna è un segnale, una provocazione e una chiamata a responsabilità. Nel messaggio a noi già si davano delle indicazioni che poi in occasione del messaggio papale per il 50° anniversario della lettera apostolica in forma di “Motu Proprio” Ministeria quaedam di San Paolo VI si sono ampliate e sono divenute più incisive: la ministerialità è una realtà complessa e decisiva nella vita della Chiesa proprio nel suo cammino sinodale.

 

Al termine della Settimana a Salerno, anche quest’anno siamo riusciti ad annunciare la prossima tappa del nostro itinerario, del nostro pellegrinaggio: sarà a Chiavari, in Liguria, e il vescovo, mons. Giampio Devasini, ci ha fatto giungere un messaggio in cui dice la sua gioia di accoglierci l’anno prossimo e in cui ribadisce con forza che abbiamo bisogno di momenti come questi per riflettere, approfondire una realtà così importante come la liturgia nel cammino di una Chiesa che come popolo di Dio è popolo sinodale.

 

Quanto è importante valorizzare la liturgia nel cammino sinodale della Chiesa italiana?

La liturgia ha la presunzione di inserirsi bene nel cammino sinodale, perché nasce dalla consapevolezza che la realtà liturgica è fonte e culmine della vita della Chiesa, che è una vita sinodale nella sua espressione più vera e più profonda, quindi la liturgia è veramente quella fonte a cui attingere le ragioni profonde della sinodalità, è il luogo dove riportare anche magari gli affanni, le fatiche del cammino sinodale, perché possano, proprio alla luce del mistero pasquale, rigenerarsi, rimotivarsi e crescere. Se la Chiesa è un popolo in cammino e in modo sinodale, in cui tutti prendono la propria responsabilità che nasce dal Battesimo, è chiaro che la ministerialità diventa l’espressione con cui alimentare questo desiderio, ma di più questo rispondere a una vocazione profonda del popolo di Dio di essere popolo sinodale, cioè popolo che cammina insieme, ciascuno facendo il proprio ruolo, tutto a servizio del bene, perché una cosa bella che è venuta fuori, in piena sintonia con il messaggio del Santo Padre per il 50° di Ministeria quaedam, è che si può parlare nella Chiesa di ministeri solo se si tiene conto da una parte la loro radice che è profondamente cristologica – non si può parlare di ministeri se non modellandoli sull’agire di Cristo-, d’altra parte la finalità dei ministeri che è sempre e comunque il bene della Chiesa.

 

 

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