Molte persone sono ancora in vacanza. Dal monastero, benché ai margini dell’abitato, si sente il rumore delle auto che sfrecciano lungo la strada. Giungono ancora le voci dei ragazzi, fermi con la loro motoretta sulla piazzuola della chiesa, che discutono sulla velocità da tenere durante la gara e litigano.
Dopo una concitata discussione, si percepisce che qualcuno, borbottando, prende la propria motoretta e corre all’impazzata, mentre gli altri si defilano. Il via vai continuo delle persone lungo i sentieri adiacenti al monastero ci interroga.
Si possono definire giorni di riposo quelli trascorsi in continuo movimento? Quante bellezze o esperienze profonde rischiamo di perdere se siamo rivolti senza sosta verso altro e non curiamo l’incontro con noi stessi, con le persone, con il creato, con Dio? Vi sono alcuni che cercano lo stordimento, per placare la rabbia senza impegnarsi a gestirla, altri rincorrono una vita senza regole, per agire come e quando si vuole, lottano anche con aggressività per il riconoscimento dei diritti individuali e non di quelli personali e sociali. C’è la difesa del proprio io e manca la custodia della persona, del bene comune: in questo tempo sembrano svaniti nel nulla.
Quante parole di attacco verso l’altro, quanta difesa ad oltranza per salvare la propria immagine! È strano, ma a volte l’individuo sembra parlarsi addosso. Aggredisce l’interlocutore, anche se è assente, mettendo in evidenza tutto il male dell’altro, mentre esalta se stesso. Spesso in questi casi non c’è la consapevolezza di sé, né il rispetto dell’altro…esiste il vuoto esistenziale. Non c’è a volte la scelta di fermarsi, per imparare a gestire i pensieri e i sentimenti che portano lontano e che spesso fanno lievitare rancori, invidie, maldicenze, mormorazioni, competitività e che non permettono di cogliere la bellezza della propria e altrui esistenza.
Ciò che caratterizza la postura di molti che sono in vacanza è la fretta, la mancanza di tempo… hanno tante cose da fare, impegni indefiniti e quasi inderogabili per poter riempire i vuoti.
Non mancano coloro che rallentano il passo: a volte sono in compagnia di uno o due cani, altre camminano in gruppo: gridano, sovrappongono le loro voci, faticano a sentirsi, poi tutto si conclude con un’ulteriore discussione oppure con una risata. Eppure le vacanze, benché comprendano ore di svago, di relax, di energizzazione, potrebbero essere anche un’opportunità, per riprendere tra le mani la propria esistenza. Il dualismo che a volte ci attraversa, non sempre ci consente di sperimentare l’unificazione profonda che ci aiuta a non vivere vite parallele.
Basterebbe fermarsi per contemplare la natura come traccia della bellezza di Dio, guardare i piccoli fiori di campo, gli insetti che si posano su di essi con grazia, quasi sfiorandoli, per cogliere che la mitezza racchiude tutte le virtù e che i colori e che i profumi aprono il cuore alla gioia di vivere.
Non basta proteggere la natura: bisogna contemplarla! Infatti, chi sosta in un bosco ascolta la sinfonia del canto degli uccelli che, mentre armonicamente sfrecciano liberi nel cielo, tracciano con il volo dei percorsi che comprendono delle regole da rispettare, per poter prendere un’unica direzione.
E noi dove stiamo andando? Fermarsi a guardare le onde del mare che lambiscono la riva e, contemporaneamente, perdersi con lo sguardo verso l’orizzonte che ci proietta verso l’infinito, ci fanno cogliere tutta la nostra piccolezza e, nello stesso tempo, grandezza, in quanto creati a immagine di Dio.
Rimanere in silenzio di fronte alla persona amata, giungere insieme, nel rispetto reciproco, sino alla soglia del Mistero dell’uno e dell’altro, è entrare ed immergersi nel circuito dell’amore Trinitario che assume il volto della tenerezza.
Quando abbiamo toccato la radice della nostra esistenza? Che cosa è rimasto nel profondo?
Dopo un tempo di vacanze possiamo prendere l’impegno a verificare ciò che è veramente importante nella nostra vita, senza ricorrere alla manipolazione del tempo, dello spazio, delle persone, della natura ecc., per rimanere in contatto autentico con noi stessi, con gli altri, con Dio e con il creato. Forse è giunto il tempo di fermarci, per riscoprire il valore della propria e altrui umanità, per non cadere nell’illusione che tutto può essere determinato dagli algoritmi e condizionata dalle risposte precostituite. Se ogni essere vivente è connesso con tutto il resto dall’amore del Signore, ognuno è responsabile della vita di sé e degli altri.
La vita umana è un dono. Da questa consapevolezza nasce l’urgenza di ritrovare le nostre radici che affondano in “Dio che, creando l’uomo e la donna, vide che era cosa molto buona” (cfr. Gen 1,31). La chiarezza della nostra identità ci porta a sentirci unici e irripetibili, persone amate dal Signore, capaci di rimanere sempre in relazione, che svelano nel quotidiano il senso del loro esistere.
Quali coordinate sto seguendo? Che valore ha la mia esistenza vissuta in armonia con tutto il creato? Dal nostro vivere quotidiano possiamo trarre le risposte e magari riprendere un cammino veramente umano. Da qui lo sviluppo integrale di ogni persona connessa con tutto l’universo tanto amato da Dio.
*Abbadessa delle Clarisse della Fraternità del Monastero San Nicolò di Otranto