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Proponiamo ai lettori di Portalecce il contributo di mons. Luigi Manca, direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose metropolitano “don Tonino Bello” di Lecce e vicario episcopale per la cultura, pubblicato dal Nuovo Quotidiano di Puglia nell’edizione oggi in edicola.

 

L’incendio della splendida cattedrale di Parigi, gioiello di bellezza e magnificenza artistica a livello mondiale, ha suscitato in tutti noi grande sgomento e dolore. Insieme a coloro che amano i capolavori d’arte avvertiamo con rammarico che qualcosa d’importante non ci sarà più nel patrimonio culturale dell’umanità. Chi è credente spinge lo sguardo oltre le immagini della distruzione e vede, oltre la cattedrale fatta di mura, l’edificio costruito dalla fede di un popolo.

Può essere distrutto un tempio costruito sulla fede e dalla fede? Finché la fede si rigenera e si trasmette di generazione in generazione, anche le cattedrali continueranno a splendere di bellezza. Nell’idea del tempio cristiano converge, per molti aspetti, l’idea del tempio propria del giudaismo ellenistico: il tempio casa di Dio ma anche immagine del mondo, del cosmo (imago mundi). Il tempio di Gerusalemme situato al centro del mondo; l’atrio rappresenta il mare, il santuario la terra, il Santo dei santi il cielo. I dodici pani rappresentavano i dodici mesi dell’anno. Tutto questo converge anche con l’idea platonica del Bello.

Il tempio riproduce il mondo, opera di Dio: Dio ha creato tutto secondo numero e misura e così del caos ha fatto il cosmo, la bellezza. Ma l’idea di bellezza propria della cultura greca è un’idea statica e di superficie, mentre la visione cristiana è rivolta verso il dinamismo interiore. Per Sant’Agostino, l’equivalente del tempio è la comunità cristiana; solo attraverso questo passaggio diventa importante anche l’edificio sacro, il luogo della raccolta del popolo di Dio. “Appellamus ecclesiam basilicam, qua continetur populus, qui vere appellatur ecclesia”.

Ratzinger, che da giovane teologo ha approfondito il tema agostiniano di Chiesa, casa e Popolo di Dio, afferma che il vescovo d’Ippona ha un’ampia teologia sulla casa di Dio, ma non ha una teologia sull’edificio sacro. Teologicamente importante, per Agostino, non è lo spazio ma la comunità raccolta nello spazio, che dallo spazio viene solo indicata e rappresentata”.

Anche un altro grande padre della Chiesa orientale, San Massimo il Confessore, parla del tempio, che, come edificio diviso in sacrario e navata, rispecchia il mondo diviso in mondo visibile ed invisibile; ma le parti del tempio sono una nell’altra per via di coesione, così come il mondo è uno ed indivisibile. Ma il tempio racchiude anche una dimensione antropologica: il sacrario rappresenta l’anima, il divino altare rinvia all’intelligenza e la navata al corpo.


Su queste coordinate il cristianesimo ha continuato a produrre nei secoli gli edifici sacri. La loro bellezza e la loro magnificenza, a differenza dell’arte profana, era sempre espressione della bellezza del popolo di Dio, dello splendore della liturgia, della preziosità della preghiera.


Anche i turisti hanno il diritto e il dovere di cogliere questi elementi dinamici della fede cristiana che hanno dato forma ai tanti edifici sacri, che senza la presenza di una comunità che prega e che ama sarebbero una specie di sacra civetteria se non fosse accompagnata dalla bellezza delle opere di carità di una comunità orante.


Ricostruire una Chiesa andata distrutta totalmente o in parte come Notre Dame, allora, non è solo un’operazione di valorizzazione di beni culturali ma anche e soprattutto di un inestimabile patrimonio spirituale.

 

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