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Stefano Nava è un artista bergamasco che vive a Reggio Emilia. Dopo gli anni di formazione presso il Liceo artistico a Bergamo e la facoltà di architettura a Milano ha approfondito le tecniche dell'olio e dell'acrilico su tela realizzando diverse opere presenti soprattutto in spazi sacri, avendo un vivo interesse per la Sacra Scrittura.

 

 

 

Nella sua ricerca umana e spirituale STEFANO NAVA  ha attinto spesso a luoghi quali Assisi e la Fraternità di Romena in Casentino dove sono esposte alcune sue opere. Da qui è nato il desiderio di fare nascere un luogo che si nutra di relazioni ed esprima bellezza, oltre che poter realizzare opere e illustrazioni che possano esprimere la sacralità del quotidiano. È nato così "Grembo di terra" un progetto di condivisione e incontri negli spazi della sua abitazione e della sua vecchia stalla.  Nel suo percorso artistico ha realizzato recentemente il libro “Un uomo, 4 ottobre 1226” il cui testo l’ha portato a confrontarsi con la figura di Francesco d'Assisi. Il progetto è stato accolto all'interno del Festival Francescano 2018 a Bologna e continua il suo percorso in varie strutture e parrocchie italiane. Stefano ha realizzato recentemente l'illustrazione “Datevi al meglio della vita” per la Giornata mondiale delle vocazioni.

Stefano sappiamo che hai fatto e tornerai a fare degli incontri di introspezione e di spiritualità con i tuoi dipinti curati fino ai minimi dettagli, da artista e da artigiano, amando con leggerezza e stile francescano entrare nella vita delle persone. Cosa ti ha spinto così tanto da intraprendere questo percorso molto particolare da pittore che vuole davvero dare speranza e infondere coraggio alla vita di ognuno?

All’inizio di tutto sta un desiderio di uscire, di andare che crea l’entusiasmo giusto ma anche la responsabilità nei miei confronti nel far coincidere il percorso umano-spirituale a quello artistico. Qualche anno fa mi trovo nel mio studio, ascolto Papa Francesco e mi rendo conto di una parte mancante della mia vita artistica, come fosse fine a se stessa. Spinto dal desiderio di uscire, inizio a levigare il legno, producendo cavalletti e dipingendoli avvio quell’esperienza di un Dio che non riesco a comprendere del tutto; ma che attraverso questi incontri mi da quel volto bello per percepire la sua vicinanza accompagnando altre persone. In prima linea, quindi, come laico responsabile di tutto questo, desidero “uscire” e portare a tutti quella semplice testimonianza che l’arte e le mie esperienze personali hanno riempito la mia vita.

In questo tempo in quale come tu affermi nel video bisogna “diventare monaci dalle mani lente, artigiani che plasmano prodigi e tessono il filo della storia”, “tempo di contare i vivi e non chi sopravvive”, “tempo per smettere i lavori e recuperare i mestieri”: come far sentire personalmente quel Dio che non vuole fermare la vita ma generarne nuova per intuire meglio cosa Egli sta promettendo su ciascuno di noi per dare il meglio di noi stessi (ChV257)?

Darsi al meglio della vita significa rallentare, scendere in profondità, vivere un tempo per imparare a lavorare con le mani: ognuno può essere quell’artista per intraprendere quel viaggio dentro ciascuno di noi, questo pellegrinaggio enorme da percorrere. Siamo dentro le nostre case, perché non provare a viaggiare dentro le nostre interiorità? Ecco il monaco, un mestiere arduo e difficile. Io sto ammirando le cose semplici, io e mia moglie che ci prendiamo cura dei figli, stiamo in giardino per potare una pianta o tagliare l’erba con dei gesti lenti. E’ il tempo che ci guida. Non è una limitazione, dobbiamo essere capaci di far fiorire la nostra umanità. Gesù dopo tanto tempo spezza il pane per i suoi, è arrivato il tempo di camminare con Lui per vivere meglio quel Mistero, mettersi alla sua sequela per scrutare meglio i suoi gesti, i suoi silenzi, i suoi passi, come accarezzava le persone per arrivare al mistero dell’Ultima Cena e ritrovarne una partecipazione profonda.

 

Nel tuo dipinto per la giornata mondiale per le vocazioni sulla sinistra ci sono alcuni alberi che iniziano a germogliare perché c’è un motivo per cui alzarsi (Ct 2,10) e decidersi a spendere la vita, la via da prendere, qualcuno per cui spendere tutta la propria vita (EG 273): qual è il tuo augurio da farci per percorrere le strade che don Tonino Bello ci augurava nella sua poesia “Llaa Lampara”?

Il mio augurio parte da questo proprio da questo dettaglio, dobbiamo iniziare a fiorire in questo tempo perché non c’è una discontinuità di tempo con un prima e un dopo: è bello cominciare a fiorire già qui e in questo tempo, perché il dopo sarà il frutto di quello che cominceremo a far vivere dentro di noi già qui. Nel sua poesia don Tonino sottolinea la forza di osare di più, la capacità di inventarsi, siamo in un tempo in cui dobbiamo veramente inventarci nuove cose perché qualcosa è cambiato: per “liberarsi da soggezioni antiche e nuovo”. Sono convinto che questo è il tempo della libertà vera: forse è nella restrizione e nelle limitazioni che noi dobbiamo scoprire di poter fare tutto quello che si vuole ma con la capacità di inventarsi per aprirsi a quella creatività e imparare ad essere artisti nel proprio campo, ambito, casa, e forse anche nuovo lavoro. Sperimentiamoci liberi: a te e a tutti voi, come quelle piante, auguro di reiventarci per un Dio che ci vuole liberi, perché a Lui sta a cuore questo: diventate uomini liberi!

 

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