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“Un concetto di paternità piuttosto sorprendente, legato alla tenerezza e allo stare in seconda linea, ma capace di un protagonismo straordinario, eroico”, e al tempo stesso “una bussola per orientarci nella palude della scomparsa del padre”.

 

 

Lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc), ripercorre i punti più significativi della Lettera apostolica Patris Corde (CLICCA QUI ) pubblicata da Papa Francesco lo scorso 8 dicembre in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale.

Nelle nostre società, ha affermato il Papa, i figli sembrano spesso orfani di padre…
 Sì, siamo disorientati. Non abbiamo più un’idea chiara sulla paternità, su come esercitare il ruolo di padre. Prima della crisi della paternità il padre era una figura autoritaria, “eroica”, legata ad un concetto di mascolinità talvolta “ingombrante”; un archetipo spazzato via dal ’68. Ed oggi il Pontefice risponde a questo vuoto offrendo un modello controcorrente: nella società dell’apparire propone un modello fatto di nascondimento, accoglienza, sostegno, incoraggiamento e tenerezza. Non forza esibita, muscolare, ma la categoria - inedita e quasi sconosciuta alla società di oggi, ma molto cara al Papa - della tenerezza. 

Sì, ma è una tenerezza che si sposa con una profonda forza interiore. Del resto, per il Papa, solo chi à realmente forte sa essere veramente tenero…
 Certo. La vera forza non ha bisogno di autoritarismo, sa essere al tempo stesso tenera e autorevole. Con questa Lettera

il Papa ci offre la bussola che abbiamo perduto con la disgregazione del modello di paternità. Una bussola per orientarci nella palude in cui siamo impantanati da più di cinquant’anni, attraverso il paradigma costituito da un mix straordinario di forza e tenerezza.

Dopo aver ascoltato in sogno la voce degli angeli, per quattro volte San Giuseppe obbedisce con immediatezza e senza tentennamenti ai loro ordini…
 Dopo la nascita di Gesù, per tre volte si alza nella notte, prende il bambino e sua madre e partono. Giuseppe è il capofamiglia e Maria si fida dello sposo: è lui a decidere e lei ne riconosce l’autorità. Un’autorità non impositiva o prevaricatrice, bensì ispirata ad una tenerezza che è riflesso della tenerezza di Dio. Come è noto, il Santo Padre tiene sulla scrivania una statuina di San Giuseppe dormiente, sotto la quale mette dei foglietti con preghiere e richieste. Dormiente, a dimostrare che la forza di San Giuseppe non sta in se stesso ma deriva dalla capacità di ascoltare un’altra forza e un’altra autorevolezza: quelle di Dio Padre.

Padri non si nasce, lo si diventa, spiega ancora il Papa…
 Da tempo proponiamo “scuole” per genitori, perché anche madri non si nasce. Si diventa padre (e madre) quando si comincia ad avere la responsabilità di qualcuno da educare e, come spiega il Papa, da “introdurre all’esperienza della vita” per renderlo capace di scelte, di libertà e anche “di partenze”. Paradossalmente, anche se oggi la nascita del primo figlio è rinviata molto in avanti negli anni - per le donne l’età media è 34 anni, per gli uomini anche più tardi - la transizione dei giovani adulti al ruolo genitoriale rimane faticosa.

Il Papa lancia un’altra provocazione dicendo che il mondo ha bisogno di padri, non di padroni…

Perché l’amore autentico è legato alla capacità di donarsi, non alla smania di possesso; la sua è una logica di libertà. La figura del padre “padrone” apparteneva all’archetipo pre ’68; la paternità di San Giuseppe rinvia invece ad una paternità altra e alta: la paternità di Dio che ama ma lascia liberi. Tuttavia, oltre che di padre, San Giuseppe è anche un potente modello maschile per la società di oggi: non cerca i riflettori, non ha bisogno di salire sul palcoscenico ma è grandissimo nella sua operosità silenziosa e nella sua rispettosa delicatezza verso Maria. E questo è il miglior antidoto al maschilismo e al narcisismo diffuso di chi tenta di prevaricare la donna per autoaffermarsi.

A proposito di Maria: si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna…
 (Sorride) Qui è davvero così. Anzi, qui più che mai!

 

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