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Ripristinare, a partire da domenica 14 febbraio, “un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica”.

 

 

 

È quanto hanno deciso i vescovi italiani, al termine del Consiglio episcopale permanente (Cep), che si è svolto ieri in videoconferenza. “La pandemia - si legge nel comunicato finale del Cep - ha imposto alcune limitazioni alla prassi celebrativa al fine di assumere le misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus”.

“Non potendo prevedere i tempi necessari per una ripresa completa di tutti i gesti rituali - si annuncia nella nota - i vescovi hanno deciso di ripristinare, a partire da domenica 14 febbraio, un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica”.

“Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti, in questo tempo può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo”, la proposta della Cei, a partire da domenica 14 febbraio. 

A dire il vero, tale gesto rituale già viene sollecitato da tempo dal sacerdote nelle celebrazioni eucaristiche in alcune parrocchie dell’arcidiocesi di Lecce.

All’invito “Scambiatevi il dono della pace”, dunque, sarà possibile “volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino”. Questo gesto, per i vescovi, “può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità. Là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere ‘contatto visivo’ con il proprio vicino, augurando: ‘La pace sia con te’, può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale”.

“L’abitudine di scambiarsi un segno di pace durante le celebrazioni è antichissimo - scrive Riccardo Maccioni su Avvenire -. Ne parla già San Giuseppe di Nablus all’inizio del II secolo e San Cirillo di Gerusalemme, siamo al IV secolo, lo pone subito prima del dialogo del prefazio. Si tratta di un gesto importante che, come spiegano i liturgisti, è «esplicitazione del senso della comunione cristiana», rimarcando l’importanza del dono, la pace appunto, che viene dal Signore. Bisogna però fare attenzione a non esagerare con l’entusiasmo, a non eccedere nell’espressione dell’affetto. Tanto che nel 2014 la Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, con l’approvazione del Papa, ha diffuso un documento (CLICCA QUI ) in cui chiede sobrietà e invita anche studiare la possibilità di collocare lo scambio di pace in un altro momento della liturgia, per esempio, come avviene nel rito ambrosiano, «prima dello scambio della pace». Un gesto importante dunque, ma da vivere bene. Ricordando che non è la nostra pace che vogliano condividere ma - spiega il testo vaticano - «la pace che sgorga dalla Pasqua di Cristo»”.

 

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