Importante scoperta archeologica nel deserto della Giudea dove un team di archeologi del Dipartimento delle Antichità di Israele ha rinvenuto alcuni frammenti di rotoli biblici di duemila anni fa appartenenti al Libro dei profeti minori.
L’area non è lontana da Qumran, dove fra il 1947 e il 1956 furono ritrovati i famosi Rotoli del Mar Morto che, datati tra il 150 avanti Cristo e il 70 dopo Cristo, sono la più antica testimonianza di un testo biblico. Nell’area di ricerca, insieme ai frammenti biblici, gli archeologi hanno trovato reperti come un canestro di 10.500 anni, perfettamente conservato, lettere, un pettine in legno, monete e diversi scheletri, tra questi quelli di una trentina di combattenti del condottiero Bar Cochbà risalenti alla seconda rivolta ebraica (132 d.C) contro l’imperatore Adriano. Dal 2017 il Dipartimento israeliano per le antichità sta monitorando l’area e fino ad oggi ha esaminato circa 500 caverne, nel raggio di ottanta chilometri.
“Il ritrovamento - spiega Padre Eugenio Alliata, professore e archeologo dello Studium biblicum franciscanum di Gerusalemme - rientra in un ampio progetto di lunga scadenza promosso dal Dipartimento israeliano per le antichità che intende in tal modo scandagliare il più possibile queste grotte del deserto per recuperarne i reperti perché da molto tempo - sin dalle primissime scoperte dei manoscritti di Qumran - era noto che queste venissero saccheggiate da trafugatori di reperti. Organizzando una ricerca sistematica all’interno di queste grotte lo Stato israeliano non solo vuole bloccare il trafugamento ma prevenirlo. Il ritrovamento annunciato il 16 marzo è quindi il risultato di azioni recenti portate avanti in alcune di queste grotte”.
Padre Alliata, tra i reperti rinvenuti ci sono anche alcuni frammenti di rotoli biblici di duemila anni fa, scritti in greco. Qual è la loro importanza?
Da un punto di vista archeologico i frammenti danno indicazioni concrete sul luogo del ritrovamento e anche sulle circostanze del loro nascondimento. Quelli che si conoscevano prima erano frammenti ritrovati clandestinamente e che comparivano all’improvviso sul mercato. Esiste, infatti, un medesimo manoscritto proveniente dalle stesse grotte e contenente testi degli stessi profeti, pubblicato agli inizi degli anni ’60. Una ricerca più sistematica ci ha dato una qualche dozzina di frammenti dello stesso rotolo così adesso siamo sicuri della loro provenienza.
I frammenti ritrovati sono 11 righe di testo del libro del profeta Zaccaria e un versetto di quello di Naum. Sono parti dell’Antico Testamento…
Sono parti molto care ai cristiani perché questi profeti minori sono quelli che insistono di più sulla messianicità, su Dio che prepara la salvezza del suo popolo, sulla necessità che il popolo risponda con la volontà e con il seguire le norme dell’amore e del perdono. Sono testi fortemente messianici che affermano che Dio sta per intervenire e per questo di grandissimo interesse per i cristiani.
Fra le parole in greco ce n’è una in ebraico: il nome di Dio. Cosa potrebbe indicare?
Secondo confratelli esperti di questi manoscritti del deserto il fatto che tra i frammenti ce ne sia uno recante il nome di Dio scritto in ebraico potrebbe indicare che questi testi in greco erano usati da ebrei per i quali non doveva essere così insolito scrivere il nome di Dio nella loro lingua. Esisteva anche un modo abbreviato di scrivere il nome di Dio in greco, direi tradizionale tra gli antichi, sia cristiani che ebrei. In questo caso, però, la scritta è in ebraico antico e questa è un’usanza più tipica degli ebrei che non ti aspetteresti tra scritti cristiani. La Bibbia greca, dobbiamo ricordare, ha anche origini ebraiche – la famosa traduzione dei 70 – e questo frammento in ebraico potrebbe essere una recensione di questa Bibbia. Inoltre il contesto del ritrovamento è quello della seconda rivolta ebraica di Shimon Bar Cochbà, ribellatosi nel 132 d.C all’Imperatore Adriano. Questo è molto interessante perché la seconda rivolta ebraica è stata fortemente tradizionalista, più della prima. Usare dunque testi greci da parte di persone coinvolte nella rivolta è molto significativo. Per saperne di più bisognerà adesso attendere la fine degli studi. Lavorare su questi reperti potrà gettare ulteriore luce sui testi biblici, sul loro suo, sulla loro traduzione e trasmissione. Essenziale è stato averli recuperati e tolti a possibili trafugamenti e dispersioni come accaduto in passato.
Davanti a questi frammenti la mente corre ai rotoli di Qumran rinvenuti tra il 1947 e il 1956, anche in questo caso all’interno di grotte. Ci sono analogie tra i due ritrovamenti?
I manoscritti di Qumran sono stati trovati ‘accidentalmente’ da alcuni pastori dentro alcune giare di terracotta prima che andassero perduti o trafugati. Scavi regolari hanno poi portato alla luce ulteriori reperti, anche se in quantità minori. Tutto lascia pensare che, come per Qumran, altri scavi e ricerche regolari nelle tantissime grotte della zona, potranno donarci altri frammenti.
Il ritrovamento di questi frammenti di Naum e Zaccaria travalica il solo significato archeologico per assumerne un altro più legato allo studio e all’approfondimento delle Sacre Scritture che unisce cristiani ed ebrei. In che modo tali scoperte possono aiutare il dialogo ebraico-cristiano?
L’aiuto è enorme perché entrambi studiamo la stessa cosa. Gli studiosi ebrei e cristiano studiano insieme, si incontrano, discutono, presentano le loro conclusioni, comunicano, dialogano in buon animo. Talvolta le discussioni possono anche essere calorose per cause scientifiche e non certo religiose.