La presenza di Carlo Salerni tra gli architetti operosi in città è dovuta alla trasferta che, per incarico del governo, lo portò da Napoli in Terra d’Otranto, delle cui condizioni tracciò un analitico ritratto intitolato “Riflessioni sulla economia pubblica e privata e sulle truppe e fortificazioni nella provincia d’Otranto”.
Nobile - era marchese di Nevano - era un uomo di raffinata cultura ed esponente di quell’illuminato movimento riformistico che allora era diffuso nella capitale e che coinvolgeva gli ambienti della corte ed i circoli di cultura.
Salerni, che fu attivo anche in Taranto (1779) e Gallipoli (1783), accettò di fornire i disegni della chiesa della Natività della Vergine detta della Nova, che si voleva ricostruire sull’area di una precedente chiesa, quattrocentesca, delle monache domenicane attestata presso Porta Napoli.
Per quella fabbrica, affidata alla capacità tecnica dei due costruttori Vincenzo Schiavella da Copertino ed il leccese Nicola Parisi, egli concepì un prospetto articolato in due ordini di piani fortemente convesso ed articolato al piano inferiore da una coppia di colonne corinzie e da una finestra a loggia nel secondo piano sormontato da un fastigio spezzato e, per l’interno, una navata unica a pianta ellissoidale nella quale si schiudevano entro quattro brevi arcate altrettanti altari che, con il capoaltare, furono ornati da tele di Oronzo Tiso (1729-1800).
I lavori, iniziati il 1779, si conclusero quattro anni dopo, e nel 1783 il tempio veniva consacrato ed aperto al culto da Giulio Pignatelli, arcivescovo metropolita di Otranto.
Dell’arredo della chiesa, rimosso l’originario pavimento a riggiole (mattonelle in ceramica spesso maiolicate e decorate a mano) e trafugate le tele, rimane soltanto il corteo delle figure angeliche che, issate sulla trabeazione, reggono penduli motivi decorativi, anch’essi, come le figure, realizzati in cartapesta e, quindi, da riguardare tra gli esemplari settecenteschi della plastica cartacea, di cui la città fu un brillante centro di produzione.