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A differenza del pane che già per l’impasto e la successiva confezione delle forme, molto spesso, partecipavano i parenti più prossimi o qualche vicina di casa, fare la pasta non richiedeva un aiuto esterno perché l’operazione in sé non ha nulla di rituale, né prevede momenti carichi di misticismo o di magia.

Gli unici aspetti di profondo arcaicismo, riguardano gli utensili; sono gli stessi che, come si è già detto, sono raffigurati in una tomba di Cerveteri risalente al IV secolo a.C.: lu taliere, la spianatoia di legno; lu leanaru, il matterello; un coltello da cucina con la lama non seghettata e con la punta alquanto flessibile; lu caturu o caatùru, letteralmente cavatùru, un ferretto a sezione quadrangolare, lungo circa 30 centimetri che consente di cavare i minchiarieddhri, maccheroncini, la rascatura per pulire la spianatoia e, naturalmente, le mani.

                                      

  1. Barletta, Ricchitelle, minchiarieddhri e sagne ‘ncannulate, Ed. Grifo, Lecce 2011

 

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