Nel Duomo di Lecce si trova uno dei presepi più originali per composizione ed allestimento attribuito, con alcune perplessità, a Gabriele Riccardi datato intorno alla metà del ‘500.
Sappiamo pochissimo della vita di questo importante architetto e scultore, nato a Lecce e formatosi nella sua città, in un momento di grande fervore artistico. Sicuramente nel 1543 lavora alla realizzazione della chiesa di San Marco, in piazza Sant’Oronzo, su committenza della colonia di veneziani residenti a Lecce e nello stesso anno, l’artista lavora alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, voluta dal mercante fiorentino Peruzzi. Nel 1549, realizza il disegno della basilica di Santa Croce, dove inventa il motivo della colonna inglobata, e nella stessa chiesa il gruppo scultoreo del Presepe, in legno dipinto. La sua presenza è poi riconosciuta nel quadriportico del convento dei Celestini, poi completato da Giuseppe Zimbalo.
Il gruppo scultoreo è collocato nella cappella della Natività o della Annunziata arricchito da un elegante altare a colonne tortili del Cino che ben dialoga con l’allestimento del gruppo plastico diviso in due registri: nella parte inferiore prende posto il presepe, secondo la tradizionale iconografia, mentre alla sommità del coronamento dell’altare sono state collocate le figure dei tre magi in corteo e dei pastori con il gregge mentre sullo sfondo si intravede un edificio architettonico.
Riconosciamo la maestria scultorea del Riccardi dalla solida struttura plastica non scevra dalla eleganza garantita dalla duttile pietra leccese. L’allestimento attuale, fu realizzato dopo i lavori di rifacimento del Duomo e probabilmente le sculture erano già collocate nella cappella Assumptionis nell’antica fabbrica della vecchia cattedrale. Il gruppo presepiale segue l’iconografia introdotta nella tradizione occidentale post-tridentina che predilige le figure genitoriali adoranti, collocate simmetricamente ai lati della culla/mangiatoia, tradizione figurativa più autorevole, preferita alla Madonna distesa di ascendenza orientale e a Giuseppe dotato di candela o lampada, indice dell’intelletto umano che vede il mistero della nascita sacra. La presenza di due animali il bue e l’asinello è un aggiunta successiva all’iconografia tradizionale, assenti nella narrazione evangelica, ed è desunta da Origene.
Alla sommità vi è una Adorazione, sintesi molto originale di due episodi intersecati l’Adorazione dei pastori e l’Adorazione dei Magi quest’ultima arricchita dalla tradizione figurativa della Cavalcata tanto diffusa nel Rinascimento. L’arricchimento iconografico deriva dalle sacre rappresentazioni che tanto erano gradite alle nuove esigenze liturgiche del docere et delectare e attualizzavano il messaggio evangelico attraverso la partecipazione popolare alla narrazione storica. Il presepe declinato attraverso la Natività e le Adorazioni era un miracolo che accadeva istantaneamente alla presenza del fedele e non è un caso che l’elemento architettonico alla sommità ha i tratti distintivi di Porta Rudiae quasi che l’evento accadesse in città e la Cavalcata dei re venuti dall’Oriente entrasse proprio dalle antiche mura.
La realizzazione del primo Presepe inanimato, secondo alcuni studiosi, si ebbe già nel III secolo, per opera di papa Liberio (352- 355). Costui, infatti, fece erigere a Roma, nella basilica detta “Santa Maria ad praesepe” una “tettoia” in legno retta da tronchi d’albero, quasi lo schema necessario di una stalla, che era posta davanti ad un altare presso il quale, proprio la notte del 24 dicembre d’ogni anno era celebrata la Messa solenne di Natale. Altre “tettoie” furono erette in altre chiese a Roma, a Santa Maria in Trastevere, a Napoli nella Chiesa di Santa Maria della Rotonda.
In seguito Papa Gregorio II ( 731-734) fece sistemare sotto la “tettoia” della chiesa di Santa Maria Maggiore una statua d’oro della Madonna con il Bambinello e che anche in altre chiese furono collocati sotto tali “tettoie” pitture o statue che ricordavano il sacro evento.
La prima realizzazione documentata di un Presepe con personaggi a tutto tondo, invece, risale al 1283 per opera dello scultore e architetto Arnolfo di Cambio che scolpì otto statuette in marmo rappresentanti i personaggi della Natività. Tale Presepe si trova ancora nella basilica romana di S. Maria Maggiore. Il Presepe fu commissionato dal primo papa francescano, Niccolò IV (1288- 1292), particolarmente devoto al culto della Natività come insegnato da san Francesco d’Assisi a Greccio, e destinato alla Basilica che custodiva la reliquia della “Sacra Mangiatoia”. Cronologicamente il secondo Presepe fu quello donato dalla regina Sancia nel 1340 alle clarisse per la loro nuova chiesa napoletana. Di tale Presepe, a figure staccate, in legno, dipinte e miniate con motivi geometrici, è giunta a noi soltanto la Madonna giacente, ora nel museo di San Martino di Napoli. I primi presepi del Trecento sono in realtà delle grandi figure in marmo, legno o terracotta, collocate stabilmente in una cappella ed esposte tutto l’anno, caratteristiche, queste, che il Presepe manterrà fino alla fine del XVI secolo. Ai primi presepi successero altri scolpiti dai più grandi artisti di tutti tempi. A partire dal Cinquecento si verificò così in tutta Italia un’intensa produzione di presepi, quasi tutti per chiesa. In Piemonte ed in Lombardia sacre rappresentazioni con statue in pietra a grandezza naturale e con scenografia saranno costruite nei Sacri Monti di Varallo e di Varese e nelle cronache del frate francescano Juan Francisco Nuno del 1581, si è informati sull’uso ormai da tempo diffusodi allestire presepi in monasteri e luoghi di culto ed in particolare nella Chiesa dell’Aracoeli dove era specialmente venerata la statua del Bambinello.
Il Concilio di Trento, conclusosi nel 1563, stabilì norme precise sul culto dei santi e delle reliquie, accettando la rappresentazione del Presepe quale espressione della religiosità popolare. I Gesuiti, il nuovo ordine religioso costituito in quello stesso Concilio, se ne impossessano, fin quasi a monopolizzarlo ed il Presepe divenne per loro un ottimo strumento utilizzato a scopi didattico-liturgici, riportando diverse tappe della narrazione evangelica.