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“Don Tonino, tu non avevi paura di essere strumentalizzato perché eri libero come chi è pieno di Cristo, tanto che chi provava a farlo finiva per seguirti”.

 

 

 

“Caro Tonino, qualche volta la tua voce l’abbiamo accolta con fastidio o sufficienza, con paternalistica commiserazione come se fossero tue intemperanze, esagerazioni utili per qualche azione dimostrativa ma non scelte che coinvolgevano la Chiesa, di campo, di prospettiva, che riguardavano tutti e tutta la comunità. Tutti salvavamo il buon cuore ma spesso bollandolo di ingenuità o come troppo di parte. Non facevi sconti e ricordavi che l’amore per Dio e per il nostro fratello più piccolo sono la stessa cosa e che, se manca uno, manca anche l’altro”.

Lo ha affermato ieri sera il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, durante la concelebrazione eucaristica che ha presieduto nella cattedrale di Molfetta in occasione del 30° anniversario della morte del Venerabile Antonio Bello. “Queste mura antiche - ha osservato il porporato - ci trasmettono ancora la voce del Venerabile don Tonino Bello, non scontata e per nulla ‘paludata’, nutrita dalla Parola di Dio tanto che ciascuno sentiva quelle parole indirizzate quasi intimamente alla propria coscienza. Trenta anni”.

Come non commuoverci - ha proseguito il card. Zuppi - nel ripensare al suo volto scavato e sofferente, eppure luminoso e trasfigurato dall’amore in occasione del suo viaggio a Sarajevo, seme di pace e per certi versi suo testamento di amore? E come non provare l’inquietudine che lo portava a non accettare l’inedia ma a seminare comunque pace, soprattutto oggi che viviamo scenari ancora peggiori nella drammatica guerra che si combatte in Ucraina e negli altri pezzi di conflitti che tutti ci commuovono e impongono una scelta?”.

“Don Tonino - ha spiegato - lo faceva ‘avendo in corpo l’occhio del povero’ ovvero delle vittime. Cambia tutto se guardiamo il mondo e noi stessi con questo occhio, che è quello di Cristo”, ha ammonito il presidente della Cei, che ha rivelato “la necessità di chiedere perdono a don Tonino. Lo so. Lui per primo si schernirebbe e si metterebbe a farlo per sé. Perdono perché abbiamo frainteso la sua voce evangelica, esigente come è il Vangelo che chiede amore vero e non surrogati; che coinvolge tutto, non solo quello che avanza o finché mi va; amore sporco della vita e anche del nostro peccato, ma amore senza furbizie, calcoli, ecclesiasticismi, strumentalità, ideologie”.

“Non componevi frasi a effetto ma descrivevi la poesia di amore della vita da mistico che penetrava la realtà, divorato dall’amore per Dio e per il tuo prossimo che volevi fosse anche il nostro. Davi fastidio e purtroppo il problema diventava la tua voce e non il nostro fastidio! Ecco perché ti chiedo perdono”.

 “Don Tonino aveva il gusto della comunione”, ha ricordato ancora il presidente della Cei: “Per lui le parole ‘camminare’ e ‘insieme’ erano inseparabili e rendevano ragione l’una all’altra: non c’era altro modo di camminare se non insieme e non c’era altro motivo di stare insieme se non per camminare. La Chiesa non è fatta per essere stanziale, per chiudersi nell’autocontemplazione, ma per camminare nelle strade degli uomini. Se restiamo stanziali finiamo inevitabilmente per discutere su chi è più grande e il servizio diventa considerazione personale e non dare considerazione al prossimo!”.

“Don Tonino - ha continuato il card. Zuppi - ha prefigurato una Chiesa sinodale tant’è che la sua prima lettera pastorale è stata il frutto di una scrittura collettiva in cui tutte le presenze della comunità erano state invitate a ripensarsi e a riscriversi: ‘Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi’”. “Sapeva stare con la stessa scrupolosa attenzione sia accanto alle persone conosciute con nomi, volti, storie e vicende personali, sia sui temi planetari della pace e della guerra, dell’ambiente e delle migrazioni…”, il profilo del venerabile tracciato dal presidente della Cei, rilevando che “non era un semplice interesse per il globale o per l’agire locale, ma una straordinaria capacità di amore che lo portava a sporgersi sempre oltre se stesso”.

“Nella domenica prima di morire, dettando il suo testamento spirituale, diceva: ‘È il giorno del Signore. Ed è bellissimo’. Grazie, don Tonino, perché - ha concluso il card. Zuppi – hai vissuto e ci continui ad insegnare a vivere questa bellezza, tutta umana e tutta di Dio che senza misura ci dona lo Spirito e dà in mano ogni cosa a chi lo cerca”.

 

 

 

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