0
0
0
s2sdefault

L’Unione economica e monetaria dell’Europa inizia nel 1999 e, dal 2002, l’Euro entrò per la prima volta nelle tasche dei cittadini dei Paesi che avevano aderito all’accordo.

 

 

In buona sostanza, fu un salto nel buio, perché non era affatto certo che le economie di tutti i Paesi potessero competere con quelle più forti, evitando la svalutazione.

L’Eurozona, tuttavia, non era un’area monetaria ottimale, anche perché troppo marcate erano le differenze tra i Paesi.

Non va dimenticato che l’Euro era un esperimento inedito: quello di una moneta senza Stato! Per di più basato su una politica monetaria centralizzata, che si opponeva (e si oppone) a politiche fiscali decentrate.

La congiuntura storica eccezionale, rappresentata dal crollo del Muro di Berlino nel 1989, spinse a privilegiare il macro-obiettivo dell’integrazione, a scapito di un assetto istituzionale che risultava imperfetto.

Lo scoppio della pandemia di Covid, nel 2020, dimostrò come si poteva passare da una solidarietà monetaria, quasi impercettibile, ad una solidarietà finanziaria tangibile, tramite prestiti agevolati e sovvenzioni.

Senza accorgersene essi erano stati finanziati dal debito pubblico e bypassando il tradizionale tabù della Germania.

La situazione attuale ci dimostra che una moneta può favorire l’unione politica tra Stati, ma non può sostituirsi ad essi, soprattutto nell’ambito della difesa e della politica estera.

La dinamica dell’Unione Europea, inoltre, aveva ricevuto un duro colpo dalla guerra in Iraq del 2003 e, soprattutto, dal referendum del 2005, con il quale gli elettori francesi e olandesi affondarono il progetto di Costituzione.

La nascita di un nuovo attore politico, sulla scena internazionale, fu rinviata sine die, diminuendo il peso dell’Unione Europea negli affari mondiali e riducendo a sole parvenze i progetti di politica estera e di difesa comune.

In più, il progetto che avrebbe garantito per decenni la pace sul continente, si è dissolto, fino all’uscita dall’Unione di uno dei suoi membri più importanti: il Regno Unito, nel 2016.

La grande crisi economica del 2008, poi, fece capire agli abitanti dei Paesi “ricchi” che i privilegi derivanti dal loro dominio dei mercati mondiali si andavano dileguando.

Ed emerse la paura: la paura che il domani fosse peggiore dell’oggi! Una paura che non vale più solo per gli individui, ma anche per il macrocosmo di una politica internazionale sempre più caotica e violenta. Questa paura ha preso il posto delle aspettative di benessere e di pace, coltivate alla fine del secolo scorso.

Le crepe della solidarietà intergenerazionale, infine, rappresentano il più grave sconvolgimento di questo quarto di secolo, che intacca le fondamenta stesse dell’umanità: la crisi demografica.

Il calo delle nascite è un risultato “naturale” dello sviluppo delle società, ma il suo ritmo attuale rappresenta un verro rischio, anche per i successi economici e politici degli ultimi quarant’anni.

La storia, dopo la pandemia, ha ripreso a correre, ma se non si trova il modo di orientarne la corsa, l’umanità può attraversare un terreno sconosciuto e potenzialmente fatale.

 

Forum Famiglie Puglia