Ora ci siamo! Dopo mesi di dibattiti e polemiche, anche un po’ stucchevoli, sappiamo finalmente la verità sui risultati scolastici degli alunni, dopo un anno e mezzo di didattica a distanza (dad).
La situazione è stata fotografata e documentata dall’ “Istituto nazionale di valutazione del sistema scolastico italiano” (Invalsi), che, nei giorni scorsi, ha amaramente decretato che “la metà dei ragazzi è impreparata” ed ha aggiunto che “peggiorano i risultati nella secondaria di secondo grado e al sud”. Come dire: peggio di così non poteva andare!
Solo i risultati della scuola primaria si salvano. Tutti gli altri confermano quanto già sapevamo dagli esiti delle valutazioni internazionali, come l’Ocse/Pisa.
L’Invalsi è ancora più impietoso quando afferma che “quasi la metà dei ragazzi che ha concluso la secondaria di secondo grado, sa rispondere a domande che dovrebbero essere parte del programma del terzo anno della secondaria di primo grado”.
E le due regioni con i risultati più bassi sono Campania e Puglia, dove le scuole sono rimaste chiuse più a lungo.
Se vogliamo garantire agli studenti italiani solide competenze (il 60% sono insufficienti in italiano e il 70% in matematica) dobbiamo impegnarci in un’operazione culturale di ampio respiro.
La povertà educativa che emerge da questi risultati sembra condannare, altrimenti, gli studenti italiani a sentirsi di serie B per tutta la loro vita. Se aggiungiamo, poi, che il 23% dei nostri studenti affollano le fila dei “dispersi”, la situazione diventa, a dir poco, tragica.
Alla luce di questi dati, sembra assolutamente impensabile che a settembre tutte le scuole non si riaprano, per attuare una completa didattica in presenza, integrandola, ove necessario, con iniziative di miglioramento a distanza.
Ne deriva che la vaccinazione di operatori scolastici e studenti, appare ineludibile, assieme al rispetto delle altre norme igieniche che abbiamo imparato a conoscere a motivo della pandemia.
Un ultimo aspetto va sottolineato: la chiusura delle scuole ha finito per ampliare la forbice tra le classi sociali, perché gli studenti che provengono dalle classi più svantaggiate hanno pagato il prezzo più alto.
Chi non ha l’aiuto di mamma e papà, (o non possiede i device o la rete) con le scuole aperte se la cavava meglio.
Non possiamo dimenticarci, come è stato scritto, che “un Paese non può essere ricco e stupido per più di una generazione”. E noi non siamo neanche “ricchi”; al massimo “arricchiti”!