La 57ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, incentrata sul tema “Parlare col cuore. Veritatem facientes in caritate”, ha offerto una straordinaria e soprattutto coinvolgente proposta ai giornalisti salentini presso la parrocchia leccese S. Nicola di Mira in Lecce guidata da don Cosimo Marullo.
Per iniziativa dell’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali diretto da don Antonio Murrone, gli operatori della comunicazione sociale hanno incontrato innanzi tutto l’arcivescovo Michele Seccia, che ha sottolineato il valore della ricerca della verità in una società massmediale condizionata da tanta facilità nell’utilizzare i mass media e nello stesso tempo nel manipolare le diverse conoscenze.
Lo stesso presule ha poi presentato don Antonio Coluccia, il noto sacerdote salentino valorosamente impegnato nelle periferie romane, capace - ha sottolineato mons. Seccia - di “pagare con il suo impegno coraggioso, testimone del modo con il quale oggi i comunicatori devono essere presenti nella vita sociale per cercare realmente il bene comune, al di là degli interessi”.
Per cui la celebrazione della festa dei ‘comunicatori’ ha aiutato a comprendere ulteriormente il grande valore del servizio alla comunità tramite i media.
Don Coluccia ha presieduto la santa messa e poi dialogato con i giornalisti, proprio nella giornata in cui la Chiesa è stata chiamata da Papa Francesco a riflettere sul valore della Parola di Dio.
E così, “la Chiesa di Lecce esce per strada” per portare la speranza, come è indicato nel claim proposto da Portalecce, il quotidiano online della diocesi di Lecce, diretto da Vincenzo Paticchio.
Si tratta di ‘camminare’ per produrre informazione, proprio come Gesù che percorreva le tante strade.
“È stata la mia esperienza personale vissuta a Roma - ha raccontato don Coluccia -, in un quartiere della periferia Nord-est della città, San Basilio, con un degrado di povertà ed un vuoto dei ruoli istituzionali, ad aiutarmi a capire veramente il lavoro di tanti di voi, che sono in frontiera a narrare”.
“Proprio lì occorre accendere almeno una luce, creando cultura della bellezza, facendo capire a quelle popolazioni che un ragazzo ha il diritto di scelta nella vita e che quindi la cultura vera è tanto importante. Lo Stato, infatti, deve essere alternativo alla cultura della devianza e del bullismo, dando risposta. Si tratta di formare le persone, le coscienze”, ha rilevato don Antonio.
Nella consapevolezza che il vangelo è scomodo, perché ci richiama ad essere noi stessi nella verità dell’amore, confrontandoci con il messaggio cristiano che abbraccia e non discrimina.
“Nelle periferie, c’è tanta povertà, che provoca poi degrado. Allora, dopo aver realizzato un centro sportivo, ora con un gruppo intitolato a San Giustino intendo creare un doposcuola sociale, un centro di lettura, una piccola biblioteca per ragazzi, per aiutare gli adolescenti a ritrovarsi”, continua il risoluto presbitero.
“Grazie, pertanto, a voi giornalisti che vi impegnate a far conoscere alla nostra gente ciò che avviene nel nostro territorio”. E, non nascondendo alcune preoccupazioni su situazioni di degrado nel Salento - ha concluso -: vi auguro di essere sempre professionisti della verità”.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.