Sono rimasto addolorato, come credo tutti i sacerdoti leccesi, alla notizia della morte del carissimo confratello don Oronzo De Simone, e nello stesso tempo resto colpito dal giorno nel quale il Signore della risurrezione e della vita lo ha chiamato a stare per sempre con lui: la solennità dei santi nostri patroni Oronzo, Giusto e Fortunato per i quali aveva una devozione profonda, fatta di ammirazione ascetica, di amore filiale e di incessante supplica sulle note dell’inno Ave Oronti.
Ho avuto modo di apprezzarlo personalmente sin dagli anni del seminario che abbiamo vissuto insieme. Ammiravo in lui giovanissimo l'ardore della preghiera come espressione sincera di una fede viva, il senso della disciplina come esercizio di libertà nell'obbedienza e di convinto senso del dovere, l'impegno deciso nello studio come garanzia di fecondità dei ministeri futuri. Con la laurea in Utroque iure don Oronzo ha servito la nostra Chiesa con solida competenza giuridica come Cancelliere della Curia e Giudice nel Tribunale, e con profonda conoscenza della morale nel delicato ufficio di Canonico Penitenziere. Da suo coetaneo nei venti anni del mio servizio pastorale a Lecce, ho avuto modo di godere della sua amicizia fraterna: volle essere al mio fianco nell'ingresso alla parrocchia di Santa Rosa e l'ho avuto come successore nel compito di Cappellano dell'Istituto Penale per minori. Mi ha seguito con la preghiera e con gioioso affetto fraterno nelle diverse tappe del mio lungo servizio pastorale. E fu felice che, appena nominato vescovo, concludessi io le quarantore nella sua Chiesa di San Giuseppe alla quale ha dedicato il lungo e fecondo ministero pastorale.
Don Oronzo lascia a noi sacerdoti esempi luminosi di spiritualità sacerdotale, nutrita quotidianamente dalla Liturgia delle Ore, il dialogo di tutta la Chiesa con Dio, dalla celebrazione e adorazione della Eucaristia, massima espressione della preghiera della Chiesa, dal filiale amore a Maria espresso soprattutto nella recita del rosario. Perché uomo di preghiera, assoluta è stata la sua fedeltà al Papa e ai sei Vescovi leccesi, da mons. Costa a mons. Seccia, segno evidente di amore sincero alla Chiesa universale e soprattutto alla nostra Chiesa di Lecce, della quale è stato la memoria storica, da provetto archivista. Esemplare in lui il culto della liturgia, fonte inesauribile di santificazione e anima della comunione fraterna nel cuore del presbiterio. L' ho visto sempre presente ai frequenti incontri culturali, ai ritiri mensili e agli Esercizi spirituali annuali, momenti privilegiati della formazione permanente, che per noi sacerdoti è una esigenza ineludibile e un dovere insopprimibile, se vogliamo restare fedeli, come don Oronzo, al dono dell'ordinazione. Ringrazio il Signore per aver donato alla nostra Chiesa di Lecce un sacerdote secondo il suo cuore, povero, mite e umile, a edificazione di noi sacerdoti e di tutto il popolo di Dio. E coltiviamo nel cuore la certezza, anche per il significativo giorno della sua morte, che i Santi nostri Patroni lo abbiano accompagnato alla Casa del Padre come servo buono e fedele del Signore.