L’ultimo incontro con don Oronzo è stato due giorni prima della sua morte, in cattedrale, prima dell’inizio della processione dei Santi Patroni.
È apparso su una sedia a rotelle, dopo che le tre statue erano già in piazza Duomo; per un attimo ho avuto l’impressione di trovarmi davanti a un quarto Santo, ancora vivente su questa terra, che di lì a poco avrebbe raggiunto i Santi Patroni in cielo. Figura esile, gracile fisicamente, un gigante nella fede. Sotto questo aspetto piace ricordarlo e attraverso la sua fede leggere la bellezza del suo animo, infantile per la semplicità che emanava e nello stesso tempo dottrinalmente fondato perché la stessa sua fede rimanesse integra e fedele al magistero della Chiesa. Si dice che noi preti oggi corriamo il rischio di diventare i gestori del sacro, figure funzionali al “fare”, distributori di servizi religiosi, sempre meno attenti a curare la qualità delle relazioni interpersonali, per mancanza di tempo o perché ritenute irrilevanti. Il rischio in effetti risiede nel fatto che noi preti ci riconosciamo sempre di più nel nostro “ruolo” funzionale all’agire che nel nostro “essere”, sentiamo la responsabilità della fede degli altri e trascuriamo la nostra fede.
Don Oronzo nella sua lunga vita sacerdotale è rimasto sempre nella sua fede, nella sua preghiera, nel suo silenzio meditativo, non si è lascito mai tentare dall’attivismo. Il suo agire si realizzava sempre in incontri personali, pieni di affabilità, di attenzione, di generosità. Quante persone oggi gli sono grate per il bene ricevuto. La sua fede e la sua amabilità fanno di lui un presbitero che sfugge agli schemi con cui spesso valutiamo gli uomini di Chiesa: preconciliare, postconciliare, tradizionalista, profeta, ecc.
Don Oronzo supera tutti questi schemi e incarna i valori fondanti del sacerdote di tutti i tempi.
A noi lascia una preziosa eredità: una fede da vivere anzitutto prima di una fede da “insegnare”. Prete credente anzitutto per essere anche credibile. Tutto ciò comporta che l’intera attività pastorale di noi presbiteri dovrà ruotare nell’orbita della nostra stessa fede. E, viceversa, la nostra fede deve essere tutta investita nel nostro ministero. Una fede che ogni giorno deve essere allineata alla fede della Chiesa, purificata, rinnovata e, “indossata” dal presbitero. Così noi abbiamo percepito e visto don Oronzo: uomo di fede e di dottrina quando lavorava in curia, uomo di fede e di carità quando assisteva i ragazzi nel carcere minorile, uomo di fede e di preghiera come rettore della sua chiesa, uomo di fede e di misericordia quando confessava per lunghe ore in cattedrale.
*vicario generale della diocesi di Lecce