C’è tempo fino a martedì 7 novembre per firmare a sostegno della campagna “Un cuore che batte” (LEGGI) promossa da 15 associazioni (per legge non possono essere di più) affiancate da altre 25 associazioni tutte presenti sul territorio nazionale.
In tutti i comuni d’Italia è possibile firmare entro il prossimo 7 novembre. Nel comune di Lecce è possibile firmare presso l’ufficio elettorale in Viale Aldo Moro, 34 dal lunedì al venerdì dalle 8,15 alle 12 (il martedì anche dalle 15,15 alle 16,15). L’obiettivo è raggiungere 50mila firme. Si tratta di “spingere” una proposta di legge di iniziativa popolare che introduce nella legge 194 del 22 maggio 1978 il comma 1-bis: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».
Il dispositivo imporrebbe al medico abortista di far vedere alla donna il reale stato di crescita del nascituro e di farle ascoltare il battito cardiaco del figlio, intende dare piena applicazione alla legge sul consenso informato.
Il medico è tenuto dal punto di vista giuridico, oltre che da quello deontologico, a ridurre al minimo l’eventualità che la donna sviluppi un successivo senso di colpa; questo, infatti, potrebbe compromettere il benessere della sua vita futura, arrivando addirittura a danneggiare lo stato di salute psico-fisico, cosa che accade in moltissimi casi. Il nuovo obbligo introdotto perciò, se non ottemperato, renderà il medico responsabile nei termini previsti dalla legge sul mancato o incompleto consenso informato.
Nelle scorse settimane anche l’arcivescovo Michele Seccia aveva aderito alla campagna, invitando i parroci a proporre la sottoscrizione alle comunità. Ora che mancano poche ore al termine, interviene anche il cappellano del “V. Fazzi” di Lecce, don Gianni Mattia, che è anche direttore dell’Ufficio diocesano della pastorale sanitaria: “non serviranno molte parole per dirvi quanto sia importante partecipare, tutti uniti, all’iniziativa ‘Un cuore che batte’ – scrive don Gianni ai confratelli sacerdoti della diocesi di Lecce -”.
“Chiediamo, tutti insieme - aggiunge don Gianni -, che il medico, disponibile a praticare l’interruzione della gravidanza, sia tenuto, prima di ogni pratica, a far ascoltare il battito del cuore del bambino alla sua mamma. Un cuore che già batte, dalle primissime settimane”.
“Sappiamo bene - conclude - che, molto spesso, il rifiuto ad accogliere una vita che nasce proviene da situazioni di particolare povertà sociale, economica, culturale ed umana, difficili da contrastare con le nostre parole e con il nostro impegno… per quanto tenace o risoluto. E così, troppo spesso accade che non si conosce quello che si sceglie. Ma tutti noi, prima delle parole e di ogni personale impegno, abbiamo la Parola, la Vita, la Verità, la Via per trovare una nuova declinazione semplice ma essenziale del verbo amare: far conoscere alla mamma il suo bambino, il suo cuore che batte, un cuore che batte per un bimbo che già vive, che già lotta, che già cresce, che già ama e chiede amore. Non lasciamo che tutto accada in silenzio, perché un cuore che batte è la vita che bussa”.