Portalecce riceve e volentieri pubblica una riflessione dei ragazzi del seminario diocesano di Lecce - Matteo Kowal, con Alessandro, Michele Rizzello, Michele Ingrosso - che raccontano l’esperienza del laboratorio di scrittura creativa in corso quest’anno tra le esperienze culturali della piccola comunità formativa.
Le attività formative del nostro laboratorio mensile di scrittura creativa vanno avanti con entusiasmo ed interesse.
Nel corso dell’ultimo appuntamento abbiamo riflettuto sulla guerra, in particolare quella scoppiata tra Israele e Palestina. Abbiamo letto un articolo pubblicato su “Internazionale” e dal titolo emblematico: “Il ciclo della violenza”; e successivamente ci siamo confrontati ed abbiamo espresso le riflessioni di ciascuno. Queste ultime hanno tenuto conto del racconto giornalistico e come la presenza dei cronisti possa essere utile all’informazione. Il giornalismo svolge, infatti, un ruolo fondamentale durante il periodo di guerra (e non solo, ovviamente!). I giornalisti sono presenti sul campo di battaglia per raccogliere informazioni e raccontare gli eventi che si verificano. La loro presenza è importante per garantire la trasparenza e l’accesso alle informazioni riguardanti i conflitti e le parti in guerra. Essi devono fornire una copertura oggettiva e accurata dei fatti, offrendo una panoramica completa della situazione. Ciò consente alle persone di comprendere gli avvenimenti e le conseguenze dello scontro.
Inoltre, il giornalismo di guerra può mettere in luce le storie delle persone coinvolte, sia civili che militari, aiutando a creare empatia e comprensione verso coloro che soffrono a causa delle ostilità.
Tuttavia, è importante tenere conto del fatto che il giornalismo di guerra può anche essere influenzato da interessi politici o da censure governative. La manipolazione delle informazioni può essere un rischio, quindi è fondamentale che i giornalisti cerchino sempre di mantenere l’obiettività e la veridicità delle notizie.
Abbiamo anche riflettuto, inoltre, su come alcuni ritengono un fatto negativo che il giornalismo di guerra sia presentato “a tavola” (durante le trasmissioni e i tg dell’ora di pranzo), perché può sembrare insensibile o irresponsabile nei confronti delle vittime e dei loro familiari. Le immagini violente o sensazionalistiche, infatti, anche se con un adeguato contesto possono portare a una banalizzazione della guerra e non favorire una comprensione completa delle sue conseguenze.
Abbiamo riflettuto, infine, sulle guerre che causano morte, distruzione e sofferenza umana; esse hanno conseguenze immediate, ma spesso generano cicatrici profonde che possono durare per generazioni.
C'è un bisogno urgente di promuovere la pace, la diplomazia e il dialogo. La guerra non dovrebbe mai essere la prima opzione, e neanche l’ultima risorsa. Inoltre, dobbiamo comprendere che “la pace inizia da noi” (come ricordavano Igino Giordani e Paolo VI), nella nostra capacità di ascoltare e di cercare un terreno comune.