«La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36)» è il tema scelto per il 2024 per la 46° Giornata nazionale per la Vita promossa dalla Cei, che si celebra domenica prossima 4 febbraio.
«La vita, ogni vita, - si legge nel Messaggio dei vescovi italiani - se la guardiamo con occhi limpidi e sinceri, si rivela un dono prezioso e possiede una stupefacente capacità di resilienza per fronteggiare limiti e problemi». Solidale con questa prospettiva, condividendone mission e valori, il Movimento per la vita italiano (Mpv) si è posto l’obiettivo di difendere e promuovere il valore della vita umana “dal concepimento alla morte naturale”, senza eccezioni. Ed in particolare i Centri di aiuto alla vita (Cav) rispondono in modo concreto alle necessità di donne che vivono una gravidanza difficile da accogliere o da vivere, divenendo lo scrigno che custodisce storie toccanti, sfide vinte e speranze che risorgono. Ne parliamo con il ginecologo Luigi Provenzano, volontario del Cav di Lecce, approfondendo il significato profondo di accoglienza e accompagnamento delle donne in difficoltà.
Qual è la motivazione che ha determinato la sua scelta di un impegno così delicato quanto di grande responsabilità presso il Cav di Lecce?
Tutti i Cav dalla loro fondazione hanno “aiutato” a nascere circa 200 mila bambini, grazie al profondo rapporto che si forma tra le madri in difficoltà che si rivolgono al Cav e le operatrici e operatori volontari. Qui le madri si sentono protette, sostenute nelle loro preoccupazioni, con atteggiamenti non di giudizio, ma di disponibilità ad accogliere ed affrontare insieme i problemi. Ho constato, durante i miei anni di lavoro svolto in qualità di ostetrico-ginecologo ospedaliero, che i reparti ostetrici, ancorché eccellenti da un punto di vista tecnico, sono carenti di quelle strutture socio-sanitarie dedicate per le gestanti “fragili”, a volte sole e senza punti di riferimento, abbisognevoli di ogni forma di aiuto, di comprensione e vicinanza sentimenti che animano i Centri di aiuto alla vita, indispensabili per il loro benessere psico-fisico. Mi è sembrato giusto, dopo il pensionamento, dare il mio contributo da un punto di vista sanitario, all’opera del Cav.
Quali sono le sfide più dure che le donne incontrano durante una gravidanza difficile da accogliere o da vivere e in che modo il Cav interviene per aiutarle?
Al netto dei sussidi delle istituzioni, ad aiutare materialmente nella loro quotidianità le gestanti “fragili “e le donne in difficoltà, intervengono i Cav, fornendo loro vestiario, cullette per il nascituro, carrozzine, giocattoli per i bambini già nati, tutto frutto di donazioni; buoni per l’acquisto di latte per i neonati, buoni per l’acquisto di farmaci, denaro per prestazioni sanitarie non erogate dal Ssn. Fondamentale, ad esempio, è il Progetto Gemma: è un servizio di adozione prenatale a distanza ravvicinata che benefattori offrono alla futura mamma con l’intermediazione del Cav consistente in un sostegno economico mensile dal 4° mese di gravidanza che consente di condurre a termine la gestazione con serenità, fino al compimento del primo anno di vita del nascituro (18 mesi). Le donne prese in carico dal Cav si rivolgono al nostro ambulatorio, che “accompagna” le gestanti fino al parto, prendendosi cura delle prescrizioni di esami clinici, di laboratorio e strumentali, inviandole poi al momento opportuno alla struttura ospedaliera per il monitoraggio delle condizioni cliniche della madre e del nascituro. Fondamentale è comunque il contributo, non solo economico, che il nostro arcivescovo Michele Seccia (LEGGI) assicura al nostro Centro, sempre vicino alle nostre esigenze.
Quali sono le principali preoccupazioni, ansie, paure delle donne che si rivolgono al Cav?
Donne sole, ragazze, madri, donne in condizioni economiche precarie, italiane e straniere, si rivolgono al nostro Cav per chiedere aiuto e comprensione. Si tratta spesso di donne che hanno tagliato i ponti con la famiglia di origine o che fuggono dal proprio partner, perché non condivide la scelta di aver proseguito una gravidanza e di aver messo al mondo un bambino, e per questo subiscono violenze fisiche e psicologiche. Si rivolgono al Cav per fuggire da un passato infelice e pericoloso, alla ricerca di una nuova vita, in ansia per il futuro incerto per sé e per il proprio bambino, il cui benessere rappresenta la preoccupazione principale. La rete dei Cav dispone di case di accoglienza, la cui mission è quella di accogliere gestanti “fragili”, donne sole con o senza figli a carico, e adulti in difficoltà. Nostro riferimento è Casa Betania – Centro di aiuto alla vita di Noha, magistralmente diretta da don Francesco Coluccia. Qui le donne, oltre ad essere ospitate con vitto e alloggio, sono sostenute economicamente per i mesi di gestazione e per i nove mesi successivi al parto e assistite da psicologi e medici.
In che modo lei da ginecologo riesce a bilanciare il supporto medico con il sostegno emotivo per le donne che vivono situazioni così particolari?
Dico semplicemente che, avendo svolto praticamente da sempre questo lavoro, ho scoperto che, ogni qualvolta viene al mondo un bambino, si ripete sempre il miracolo della vita (oggi banalizzata e ridotta a un semplice bene materiale), con la stessa carica emotiva e di commozione, mai sfociata nell’abitudine. Se poi si tratta di donne particolarmente “fragili”, bisogna guardarle con gli occhi della solidarietà umana, pensando al loro passato e alle sofferenze patite fino a quel momento; stesso sentimento provo guardando il bambino, anche se sono sicuro che sarà più fortunato e sorretto da tutti noi.
Come il ginecologo gestisce la delicatezza delle situazioni in cui una donna potrebbe essere indecisa o emotivamente provata riguardo alla sua gravidanza?
Il medico del Csv, quando consultato, deve tener presente il vissuto difficile di queste donne, comprendendo con la massima empatia le loro sofferenze, espresse sempre con molta dignità e svolgere il suo compito in scienza e coscienza. Con rigore scientifico fa presente la possibilità di conseguenze negative dell’interruzione di gravidanza (emorragie seguite da interventi strumentali sull’organo riproduttivo, psicosi post-abortive che possono avere una durata notevole). Dimostra, quando richiesto, lo stato di salute del concepito che esprime già al secondo mese, attraverso l’esame ecografico, acusticamente e visivamente la sua presenza vitale. Nella mia esperienza, questa emozione cambia del tutto il quadro psicologico delle future madri verso l’accoglienza del figlio.
Qual è l’approccio del Cav nel rispetto della scelta della donna e in che modo il ginecologo si impegna a garantire il benessere delle donne che cercano aiuto?
Oggi è la sfida educativa sulla sessualità che bisogna affrontare onde evitare gli aborti vita, molto diffusi anche nelle millenali. Basta pensare all’insegnamento della regolazione naturale della fertilità, un metodo molto utile e a costo zero, che assicura un benessere psico-fisico nella coppia e nelle neomamme. È necessario, quindi, specie nelle donne “fragili” che hanno dovuto affrontare episodi abortivi, consigliare l’apprendimento di tali metodiche, affinché non scambino l’interruzione di gravidanza come metodo contraccettivo.
Queste storie sicuramente lasciano un segno nella sua vita non solo di professionista, ma anche di uomo. Qual è il primo pensiero e/o sentimento che le viene in mente quando pensa alle tante donne in difficoltà che ha incontrato e ascoltato presso il Cav?
Da uomo, provo grande ammirazione per le donne “fragili” per la dignità con cui affrontano le difficoltà della vita. È un insegnamento per me. Da medico, provo orgoglio quando il mio contributo, insieme a quello degli altri volontari, consente la nascita “contrastata” di un bambino. Mi fa venire alla mente l’Inno alla Vita di Madre Maria Teresa di Calcutta.