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Nei giorni scorsi alcuni parroci delle parrocchie periferiche leccesi hanno partecipato alla Commissione consiliare dei Servizi sociali del comune di Lecce, per affrontare l’importante tema della criticità nelle periferie della città.

 

 

 

 

È stato il primo di una serie di incontri, in seguito ai quali l’amministrazione comunale fornirà ai cittadini una Carta dei servizi aggiornata, in modo da indirizzare chi ha bisogno verso i corretti referenti. Di seguito gli interventi dei cinque sacerdoti.

«Da settembre, dopo la lunga pausa pandemica in cui il servizio è stato offerto con pasti da asporto, ospitiamo ogni giorno a pranzo una sessantina di bisognosi - così don Damiano Madaro, parroco di Santa Rosa -; ma la mensa dei poveri va sostenuta economicamente, perché l’8 per mille non basta più. Inoltre, ogni 2 settimane forniamo 135 dignitosi pacchi viveri. Inoltre, da noi vengono persone a fare la doccia, occorre infatti biancheria pulita ogni giorno».

«E poi, - ha aggiunto don Damiano - nei nostri quartieri ci sono spazi comunali vuoti: è possibile creare avamposti del comune con assistenti sociali per ascoltare chi ha bisogno? Noi non ce la facciamo. Dal nostro punto di osservazione, alcuni quartieri sono abbandonati a se stessi, senza pattuglie: dov'è lo Stato?».

Don Piero Quarta, parroco di San Giovanni Vienney, è intervenuto riscontrando situazioni diverse in base ai quartieri: «Quand’ero parroco a San Massimiliano Kolbe, c’era una situazione esplosiva: famiglie con diverse povertà, economiche ma anche morali, erano state praticamente ghettizzate e ciò creava forti conflitti. Nell’attuale parrocchia, invece, molti migranti si collocano sul sagrato della chiesa e importunano i fedeli, creando litigi tra questuanti all’apice dei quali spesso sono dovuto intervenire».

Don Carlo Calvaruso, parroco di San Pio, pur rilevando una trasformazione positiva del quartiere, grazie alla bellezza, ha riscontrato un problema di emergenza abitativa, suggerendo «iniziative per studenti fuori sede, per calmierare le quote di affitto».

Presente anche il parroco di San Giovanni Battista, don Gerardo Ippolito, che ha osservato come in precedenza la zona periferica, denominata 167b, «era una zona pericolosa, mentre ora grazie alle amministrazioni comunali che si sono succedute la situazione è cambiata, divenendo un quartiere più tranquillo, più bello, non si ha paura di venire a sposarsi per timore di subire danni alla propria auto, non c'è più il coprifuoco».

La problematica risulta quando soffia il vento di scirocco, che porta con se i cattivi odori dello stabilimento di depurazione. «Inoltre – ha proseguito don Gerardo - ci sono una quindicina di case vuote, perché sequestrate alla malavita: perché non le liberiamo per accogliere i senzatetto? E infine, sarebbe bello rendere la 167 zona franca per incentivare la nascita di nuove piccole attività commerciali».

Infine, è intervenuto il direttore della Caritas diocesana di Lecce, don Nicola Macculi, sottolineando che «negli ultimi 10 anni, la città ha fatto tanto sulla distribuzione del cibo con la mensa quotidiana nella Casa della carità e con quella di Santa Rosa, e con i punti ristoro serale, frequentati da circa 200 persone al giorno». Il punto dolente per il direttore di Caritas risulta essere l’alloggio e vorrebbe che il comune fosse in sinergia con la Caritas e con altri enti no profit. Si potrebbe fare un'app – ha proposto Macculi - in cui indicare dove mangiare, dove dormire, dove andare per chi ha necessità mediche».

 

 

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