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Si è svolto ieri sera nel chiostro del seminario di piazza Duomo in Lecce il secondo e ultimo appuntamento di "Dialoghi al Pozzo.“Dire Dio. Tra Cocktail, graffiti e canto gregoriano”, è stato il titolo della conversazione con Don Marco Pozza condotto da Raffaella Meo (Telerama).

 

Don Marco, ha parlato in modo  diretto, veloce, chiaro. Fa mille esempi. “Non sono mancati e non mancano gli sbagli nella mia vita, ma è grazie a Gesù che ho vinto molte paure, che sono riuscito a portarlo alla gente, quando ho visto che celebrando nella parrocchia del mio piccolo paesino vi erano poche anime”, ha affermato tra un applauso e l’altro,

“Il prete nelle parrocchie non deve intendersi di giardinaggio, elettronica, affitti, restauro di mobilio, perchè così vive nella solitudine. Siccome non mi vergogno di Cristo, per non morire di solitudine, ho detto sono io che mi vado a cercare la gente” forse è per questo suo essere fuori dagli schemi che cattura l’attenzione dei tanti giovani, che incrocia nelle scuole e nelle parrocchie di tutta Italia, predicando in borghese , nelle piazze con i giovani all’ora dell’aperitivo. 

Poi ha scandito quelle parole – “affettività, immaginazione, sensibilità... “– che sono alla base della comunicazione e della fede. “Anche Papa Francesco è il primo a trasmettere la sua vicinanza, grazie a questi principi-guida. È stato il suo abbraccio a rigenerare il mio sacerdozio, che prima dell’incontro con lui era in frantumi”.

Nel corso della serata non è mancato il riferimento all’esperienza del lavoro in carcere. Non è mancato uno sguardo alla terra di Puglia e il riferimento a don Tonino Bello e all’esigenza di una Chiesa che sia “in uscita” per raggiungere, tramite la realtà nuda e cruda, Dio stesso. “È troppo facile giudicare dietro uno schermo , i nostri ragazzi sono connessi 24 ore su 24 , si vergognano a parlare delle proprie emozioni. Oggi se tu punisci un ragazzo chiudendolo in camera, lui con un telefonino è in tutte le parti del mondo contemporaneamente, ma la più grande punizione è farlo uscire e socializzare di persona in piazza - sempre sul tema della comunicazione ha continuato - Personalmente spero di rimanere connesso con Dio e quando mi disconnetto noto di portare molta gente in un burrone, quella è la prima connessione importante. Le Parole sono importanti perchè per una parola sbagliata puoi rovinare una storia d’amore, ammazzare un sacerdozio, per cui abbiate cura delle parole che usate; perchè per far muovere la pancia bastano cinquanta parole, per far muovere la mente  occorre averne 100 e moltiplicarle all’infinito ed evitare di perdere la voglia di pensare.Se esiste una giornata delle comunicazioni sociali è perchè Dio si è fatto parola e quindi da allora le parole hanno un peso specifico,rimango affascinato da scrittori e poeti perchè in una parola riescono a racchiudere tutto un mistero”.

L’incontro si è concluso con alcune domande del pubblico e una preghiera alla Madonna per la vita sacerdotale e per tutti le persone detenute che stanno scontando la propria pena in carcere.

 

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