A distanza di dieci anni dalla morte la comunità parrocchiale di Santa Rosa in Lecce, e non solo, non può non riconoscere in don Vito, mons. De Grisantis, ciascuno e la sintesi di questi tre termini. Prima amico e fratello. Poi padre.
Mentre il card. De Giorgi, primo parroco, ha impiantato la comunità parrocchiale e dai più è stato ed è riconosciuto storicamente come “padre”, don Vito è cresciuto insieme a tutti noi, soprattutto quelli oggi sono i più grandi di età. Come giovane liceale ha condiviso la vita di tutti i giorni, l’entusiasmo, le attese, le serate ricche di giochi, di scherzi, la voglia di costruire di quel nutrito gruppo di persone, soprattutto giovani, che si erano raccolti attorno all’ allora giovane parroco. Ordinato sacerdote, il vescovo Minerva lo inviò come viceparroco nella sua stessa parrocchia di origine, Santa Rosa, e al contempo gli affidò alcuni incarichi diocesani nel seminario e nell’Azione cattolica come assistente della Giac.
Ha vissuto quegli anni con l’entusiasmo e la gioia del giovane prete innamorato di Dio e della Chiesa. Attento a quelle novità conciliari che avrebbero caratterizzato fortemente la sua figura sacerdotale. In modo particolare la Lumen Gentium e la Gaudium et spes. Entrambe queste Costituzioni conciliari avrebbero costituito l’ossatura del suo essere prete, del suo essere parroco. La Chiesa popolo di Dio, la Chiesa mistero di comunione, la Chiesa attenta alle attese del mondo nei riguardi del quale si assume la responsabilità delle risposte. E già da vicario parrocchiale, siamo negli anni del ’68, manifestò la sua attenzione alle grandi domande, alle sfide che il mondo, soprattutto quello giovanile, rivolgeva alle istituzioni e alla stessa Chiesa. Insieme ai molti giovani della parrocchia, fece proprie le attese soprattutto dei più poveri, in particolare quelli relegati in una zona, denominata Stalingrado, limitrofa al nascente e allora ridente quartiere di Santa Rosa.
Divenuto parroco, per l’elezione a vescovo di mons. De Giorgi, quelli che potevano sembrare solo “entusiasmi giovanili” sono diventanti la sostanza e la storia del suo ministero sacerdotale, e come parroco e come delegato nei diversi ambiti della pastorale diocesana, dal coordinamento delle aggregazioni laicali alla pastorale familiare.
Catechesi, Liturgia e Carità, pilastri della vita dell’impegno pastorale, certamente sono stati per lui i riferimenti ma anche i mezzi essenziali sui quali costruire la Chiesa del Vaticano II. Ma solo strumenti e mezzi. Utili a rinnovare la Chiesa che nasce dall’ascolto della Parola, si fa nella celebrazione dei sacramenti, si manifesta nell’amore scambievole e verso tutti. Si manifesta nella carità che sola genera vita all’interno della comunità parrocchiale. Che sola dona e genera vita nel mondo.
La Parola ascoltata, pregata e annunciata e personalmente e comunitariamente; l’eucarestia celebrata con la consapevolezza dell’essere, “in persona Christi”, pane spezzato tra e con i fratelli per costruire la Chiesa sacramento di salvezza per la vita del mondo; la Carità, luogo di incontro con colui, coloro, che in Gesù mi e ci sono fratelli e davanti al quale mai ci si può tirare indietro. Sono il manifesto di un ministero sacerdotale che hanno fatto dell’amico e del fratello il Padre nella fede e nella carità per ciascuno di noi. E nella preghiera continua a custodirci e ad intercedere per noi.
Chiunque non conoscesse la vita e la storia della nostra parrocchia potrebbe dire che si tratta della “esaltazione di un uomo illustre”. Ma la nostra comunità parrocchiale, da sempre, ha i tratti che le ha dato don Vito. Da sempre, in tutte le sue parti, in tutti i momenti della sua storia sessantennale, si è costruita e si realizza nell’ascolto costante della Parola, nella celebrazione viva della eucarestia, nell’impegno costante della carità. Gruppi, associazioni, movimenti, comunità di base, alcuni ancora presenti, altri no, famiglie, tutti hanno cercato e continuiamo a impegnarci a realizzare, certamente in termini nuovi e adatti ai tempi di oggi, il suo progetto pastorale: La parrocchia, famiglia di famiglie. Aveva visto giusto; aveva visto lontano.
Papa Francesco, il vescovo Michele oggi, in questo 2020, anche in questo periodo tragico a livello mondiale e a livello locale non fanno altro che puntare l’attenzione sulla famiglia, icona della Trinità, maestra nella fede, luogo dove ogni giorno si fa l’eucarestia e si vive e si annuncia la carità.
Grazie don Vito, amico, fratello, ma per tutti noi padre.
La tua comunità Parrocchiale di Santa Rosa