La devozione per l’Addolorata, sebbene esistente da secoli, si diffuse nella cristianità soprattutto grazie alla predicazione dei Padri Serviti, fondati a Firenze nel XIV secolo. I Servi di Maria, infatti, erano particolarmente devoti alla Vergine e nel 1668 ottennero di poter celebrare una festa in onore dell’Addolorata.
L’anno della consacrazione di questa devozione fu il 18 agosto del 1714, allorquando la Congregazione dei Riti approvò per tutta la Chiesa universale una celebrazione liturgica dei Sette Dolori della Vergine, il venerdì dopo la Domenica di Passione (cioè il venerdì che precede la Domenica delle Palme).
Nella città di Lecce, secondo l’Infantino, fin dal XVII secolo, presso la Cappella di Santa Maria di Costantinopoli, ogni martedì il popolo concorreva con grande devozione e il primo martedì del mese di marzo si faceva una festa solenne.
La devozione leccese all’Addolorata, in effetti, è antichissima. Infatti, ben prima che la Congregazione Romana estendesse il culto dei Sette dolori della Vergine, esisteva in Lecce una piccola cappella della Madonna della Pietà, nella chiesa di San Sebastiano, nei pressi della cattedrale.
Il culto si diffuse maggiormente nel XVIII secolo, dove assistiamo a un crescendo incredibile di devozione. Il 15 settembre del 1709 presso Porta San Biagio sorse una piccola chiesa, chiamata Oratorio della Vergine dei Sette dolori, che era attaccata alla parrocchia della Madonna della Luce.
Nel 1725 i gesuiti leccesi costituirono all’interno del loro collegio la Congregazione della Vergine Santissima dei sette dolori, ma con la soppressione degli ordini religiosi, fu proprio l’arciconfraternita dell’Addolorata a garantire la continuità del culto. La medesima arciconfraternita, tuttora molto attiva, installata nella chiesa di Sant’Angelo del soppresso monastero degli agostiniani, nacque a Lecce nel 1828 non appena Francesco I, re delle due Sicilie, concesse la riapertura della chiesa e stabilì la possibilità che i devoti confratelli potessero riunirsi nella menzionata chiesa. Le regole dell’arciconfraternita vennero approvate il 10 gennaio del 1831 e l’arciconfraternita, che vide il coinvolgimento della cittadinanza leccese, particolarmente devota alla Vergine Addolorata, non ebbe alcun problema ad affiliarsi all’arciconfraternita romana detta Compagnia dei Sette dolori (approvata fin dal 1645) e legata ai Padri Serviti.
Tale confraternita fu tanto attiva che nel 1852 ottenne che l’Addolorata venisse proclamata compatrona di Lecce. In processione veniva portata la statua di Antonio Maccagnani, realizzata nel 1832. Stando ai racconti dell’epoca, il noto cartapestaio leccese, a cui fu commissionata la statua, non riusciva a realizzare il volto della Vergine, perché non si sentiva ispirato. Una notte, dopo essersi ubriacato, ritornò a casa e vide il volto di suo madre che lo stava aspettando sulla porta. Il giorno seguente, l’artista si ricordò dell’espressivo volto di sua madre, rattristata per averlo visto conciato in quel modo, e così volle realizzare il volto dell’Addolorata.
La devozione ai Sette dolori della Madonna quindi si radicò nell’intera popolazione salentina e la statua dell’Addolorata, per merito dei confratelli della confraternita, usciva da Sant’Angelo in processione il giovedì successivo alla domenica di Passione, visto che il venerdì si festeggiava con solennità nella medesima chiesa l’Addolorata. L’itinerario prevedeva il passaggio della statua presso il vicino monastero delle Benedettine, le quali eccezionalmente uscivano per ammirare la processione e far suonare a festa le campane. Ancora oggi, la confraternita omaggia la Vergine con solennità e devozione e, sebbene la pandemia in atto non permetterà la processione, i confratelli non mancheranno di continuare a diffondere il culto alla Vergine Addolorata.
Questa sera alle 18,30, l’arcivescovo Michele Seccia concluderà a Sant’Angelo i solenni festeggiamenti con la celebrazione eucaristica.
Foto di copertina di Arturo Caprioli.