Anche nel giorno in cui la Chiesa di Lecce fa memoria dell’arcivescovo Cosmo F. Ruppi (GUARDA SOTTO) nel decimo anniversario della morte (29 maggio 2011), Portalecce pubblica un’ultima testimonianza di chi lo ha conosciuto e apprezzato come pastore e guida.
Immigrazione e accoglienza: un impegno costante del nostro amato arcivescovo mons. Ruppi, al quale ha dedicato scrupolosa e generosa attenzione, avendo compreso che il fenomeno migratorio, in continua evoluzione, doveva essere affrontato con saggezza, consapevolezza, dedizione e razionalità per evitare conflitti a partire dalle città.
E del tema migrazione molto parlavamo nei nostri frequenti incontri di riflessione, allorché da sindaco mi ponevo il problema di tentare di stabilire un rapporto corretto fra i cittadini e le 51 etnie presenti in città negli anni della mia prima consiliatura. Mons. Ruppi aveva realizzato quella bella struttura di accoglienza, il Regina Pacis, della quale era particolarmente fiero.
Il nostro arcivescovo era una persona colta. Era un piacere dialogare con lui: un arricchimento che per un amministratore rappresentava una preziosa opportunità per dotarsi di strumenti di conoscenza prima di assumere decisioni importanti. Fu anche, o meglio soprattutto, a seguito di quelle riflessioni comuni, che pensai di inserire nello Statuto del comune di Lecce la figura del “consigliere aggiunto”, cui conferimmo la stessa dignità degli altri consiglieri: poteva partecipare a tutte le commissioni consiliari, oltre che, naturalmente, ai lavori del consiglio comunale; fare interventi, percepire il gettone di presenza. Consideravo questa operazione di carattere in primo luogo culturale, e di integrazione che non fosse assimilazione delle culture. Un’azione positiva che, attraverso quel consigliere, mediatore di legalità, consentisse agli amici immigrati di comprendere le regole della città e ad un tempo rendesse consapevoli gli amministratori dei doveri di accoglienza reale.
Il Piano Urban fu vocato, oltre che alle donne e all’artigianato, agli immigrati: creammo una sia pur piccola biblioteca interculturale, aprimmo uno sportello immigrati, ideammo il Mercato delle Etnie per valorizzare le loro culture e le loro espressioni artigianali ed artistiche. Il nostro arcivescovo approvò decisamente questa operazione.
Ma oltre all’impegno per gli immigrati, mons. Ruppi fu prezioso per creare le condizioni di collaborazione serena e fattiva fra istituzioni, pur di parti politiche diverse, ponendo fine così ad un conflitto sorto da qualche anno fra me ed il senatore Pellegrino, all’epoca presidente della Provincia, fino ad impegnarci nella scrittura del libro a sei mani “Dialoghi sulla città”.
Per me sindaco egli ha rappresentato una vera e propria antenna costante e puntuale nel segnalare esigenze, ansie, umori della città. Un prezioso consigliere sempre disponibile a dare suggerimenti senza mai nulla chiedere, che con la sua autorità morale ti incuteva rispetto e ti portava all’ascolto attento. La città sentiva fortemente la sua presenza: fra lui e i cittadini si era creato un processo di empatia che gli consentì di affrontare le ingiuste sofferenze inflittegli sapendo che poteva contare sul pieno conforto della città.
La vicenda del Regina Pacis lo aveva profondamente amareggiato: quel progetto era frutto di un percorso molto impegnativo e rappresentava un suo fiore all’occhiello. Ma quelle tristi vicende non intaccarono minimamente la stima ed il senso di riconoscenza per il suo operato da parte di chi, come me, aveva avuto modo di apprezzarlo e conoscere gli intenti. Mons. Ruppi ha amato molto la citta di Lecce, nella quale ha continuato a venire anche quando - da pensionato - dimorava ad Alberobello. Ed era giusto che le sue spoglie trovassero doverosa accoglienza nel nostro, nel suo Duomo. Il suo ricordo è in me sempre vivo, come viva è la gratitudine che gli devo per aver seguito sempre con amorevole attenzione la mia famiglia e la mia città.