Celebrare i settant’anni di sacerdozio di don Antonio Caricato è come raccontare più di mezzo secolo della nostra Chiesa locale e, in particolare della vita cristiana di Squinzano, città nella quale egli ha profuso per oltre 40 anni (1966-2008) il suo servizio presbiterale come arciprete e parroco di San Nicola e, negli ultimi anni, anche di Mater Domini.
Non ne se ne dispiaceranno i suoi tre successori - don Nicola, don Carlo e don Alessandro - se a Squinzano viene considerato “l’ultimo arciprete” non tanto per dare corda alle nostalgie ma perché mons. Caricato rappresenta l’ultimo baluardo di un modello di prete che la storia ha ormai messo in soffitta per lasciare il posto a stili di vita più al passo con i tempi e con le nuove esigenze delle comunità.
Nessuno pensi a don Antonio come a un tradizionalista o a un prete tifoso della “Chiesa trionfante”. Non è così, anzi: egli è stato davvero un pioniere del Vaticano II, sposando in prima persona il travaglio del trapasso e vivendo in prima linea la fatica del cambiamento. Non solo liturgie e devozioni ma anche innesti di fede nel sociale: accanto alle famiglie con il sostegno alla scuola materna parrocchiale; accanto agli anziani con la fondazione della casa-famiglia; accanto ai giovani e agli universitari. Accanto e mai da lontano.
La fedeltà ai vescovi, da Minerva fino a Seccia - che stamattina si è recato a San Pietro in Lama dove don Antonio vive nella sua casa paterna da quando ha lasciato Squinzano (GUARDA) -, ha segnato il suo ministero sacerdotale. Obbedienza e lealtà, ma anche fecondo spirito di collaborazione specie nel suo campo preferito: il diritto canonico. E stamattina, l’arcivescovo Seccia ha ribadito la sua gratitudine personale e quella della Chiesa locale per il suo impegno appassionato accanto alle famiglie nel ruolo di giudice presso il tribunale ecclesiastico di Bari dove ancora oggi viene ricordato per il suo rigore ma anche per la sua immensa paternità sacerdotale.
Squinzano lo ricorda sempre con affetto e non dimentica un prete immerso nella vita della città tanto da sentirla ancora oggi la sua patria umana e sacerdotale. La Chiesa di Lecce gli è grata per l’esempio che, nonostante i suoi prossimi 93 anni, continua a dare ai giovani preti, con la sua vita di preghiera e di povertà evangelica, di amore al Sommo Sacerdote e al suo popolo santo.