Oggi, l’arcivescovo Michele Seccia riprende, dopo la lunga interruzione estiva, la sua Visita Pastorale alla Chiesa di Lecce e riparte da Monteroni e dalla comunità di Maria SS. Assunta. Don Giuseppe Spedicato, nella lunga intervista, presenta la sua realtà parrocchiale.
Don Giuseppe, oggi prende il via la Visita Pastorale dell’arcivescovo Michele Seccia nella Vicaria di Monteroni e comincia proprio dalla tua comunità. Ma quale realtà sociale e parrocchiale troverà l’arcivescovo venendo a incontrarvi?
Il pastore per ogni comunità parrocchiale è un punto di riferimento. Anche per noi è così: è bello che per il nostro vescovo la visita non rappresenti una sorta di “ispezione” ma un incontro con la comunità. Egli viene per indicare la strada, per indicare la rotta ma soprattutto per sostenere ed incoraggiare. In un momento di fragilità, di crisi economica e di valori, che la nostra, come tutte le comunità, vive, è bello che la Visita Pastorale possa essere un germoglio di speranza. Papa Francesco ci invita a recuperare il “sensus fidei”, quel dono di grazia che lo Spirito Santo dona attraverso il battesimo a tutti i cristiani, per cui ognuno è consapevole di quello che Dio chiede e vuole da ciascuno. Ecco, credo che la presenza del pastore nella nostra comunità sia necessaria a darci forza, a darci coraggio anche di fronte ad un periodo difficile come questo nel quale, più che mai, i valori autentici della fede vanno sempre testimoniati, annunciati e vissuti.
Quali sono i punti di forza e le fragilità più evidenti nella tua comunità nei tre ambiti di liturgia, catechesi e carità?
Dal punto di vista liturgico forse dovremmo imparare a vivere la liturgia come momento di grazia. La liturgia è esperienza che unisce il nostro vissuto a quelli che sono i divini misteri. E devo dire che in questi cinque anni l’impegno è stato costante proprio nell’eliminare certe forme di pietismo e devozionismo che erano molto accentuate.
Circa la carità e la catechesi, invece?
Per ciò che riguarda la dimensione della carità, devo dire, invece, che dopo il Covid si è incrementata l’attività di osservazione delle povertà. Non sbaglio di molto se dico che l’organizzazione della carità qui a Monteroni può, a ragione, essere considerata un fiore all’occhiello anche per la diocesi. Ogni settimana tra buoni pasto, carità, vestiario e bisogni di prima necessità sosteniamo quattrocento persone: in una comunità parrocchiale di un paese di provincia non sono proprio poche.
Riguardo la catechesi, invece, dobbiamo dare senso a ciò che oggi i nostri ragazzi e i nostri bambini chiedono. Purtroppo, siamo anche qui ancora una volta limitati da quelli schemi stereotipati che forse dopo il sacramento della cresima non trovano più quella aderenza per fare un cammino di formazione nel post cresima e nella responsabilità associativa dei giovani e giovanissimi. Forse per tanti anni abbiamo impegnato le nostre forze nella catechesi dell’iniziazione cristiana quando era opportuno dare un input in più soprattutto alle fasce giovani. Avendo riaperto l’oratorio, quest’ultimo può diventare oggi quella esperienza magnifica che i nostri concittadini hanno vissuto quando è nato grazie al compianto don Antonio Giancane: in esso, assieme alle attività di formazione cristiana, sono presenti attività sportive e ludiche che possono aiutare i giovani e i ragazzi a vivere la fede non soltanto in chiesa ma anche in altri ambiti che sono vitali nella nostra società.
Don Giuseppe, un’ultima domanda. Che cosa vi attendere dalla Visita Pastorale e quali sono gli obiettivi da raggiungere a breve e media scadenza?
Come dicevo precedentemente, il pastore non viene per indagare. Tante volte siamo succubi di quella mentalità legata al tempo in cui un pastore si recava nelle parrocchie in Visita Pastorale per correggere se qualcosa non andava bene nella comunità o nel parroco. Oggi questi aspetti sono abbastanza superati. Il pastore viene per vivere con noi la gioia dell’incontro e sarà bello recarsi a far visita in alcuni ambienti dove ancora la nostra presenza è efficace. Oggi, già nella prima giornata, il vescovo incontrerà gli ammalati, busserà alle case per contemplare, nella sofferenza delle persone, il volto di Cristo: sarà una testimonianza per non dimenticare mai le periferie esistenziali dell’umanità. Il pastore visiterà il mondo del lavoro: anche qui tanti laici sono impegnati anche durante le festività a dover lavorare. Egli si farà strumento di incoraggiamento nei luoghi in cui le persone trascorrono la gran parte lelle loro giornate. Si recherà nelle aziende agricole, in falegnameria, nelle camicerie e in altre piccole imprese del territorio. Ci aspettiamo di incontrare un uomo, un padre che viene a portare gioia e serenità, a sostenere quelle che sono le nostre debolezze ma soprattutto ad essere voce della speranza.